La carabina di "Ticco Ticco" (I processi Pascucci e Alpestre 1895-96)
La Corte
La scoperta del delitto Erano le
6,30 di giovedì 19 settembre 1895 quando un uomo bussò alla caserma
dei carabinieri di Tossicia. Era trafelato, evidentemente aveva
fatto una lunga corsa, doveva avere di certo qualche cosa di urgente
da dire. Appena il vice brigadiere Domenico Scozi gli ebbe aperta la
porta, disse, con una certa agitazione, che doveva denunciare il
rinvenimento di un cadavere. - Mi
chiamo Francesco Pascucci, sono di Mercato Vecchio, una frazione di
Castiglione della Valle. Devo denunciare il ritrovamento del corpo
di mio fratello. Lo hanno ucciso. Il vice
brigadiere lo invitò a sedersi, perché l'uomo era davvero senza
fiato, tanto da non riuscire a parlare e respirare insieme. - Come si
chiama vostro fratello? - chiese. - Si
chiama Domenico. - Dove è
stato rinvenuto il cadavere? - Su un
nostro pezzo di terra, una vigna, in contrada Maranzano, vicino a
Mercato Vecchio. - Quanti
anni aveva vostro fratello? - Venti
anni. - E voi
quanti anni avete? -
Trentatrè anni. - Non si
ha idea di chi può avere ucciso vostro fratello? - No.
Ucciso da mano ignota. Il vice brigadiere, ligio
al dovere, appuntò per il successivo verbale le generalità complete
del denunciante: «Pascucci Francesco, fu Luciano e di Podestà
Rosa Antonia, contadino di Mercato
Vecchio, frazione di Castiglione della Valle.» Il vice
brigadiere Scozi invitò Francesco Pascucci ad aspettare che finisse
di approntarsi per uscire e si portò nel suo alloggio per mettersi
in ordine. Ci impiegò non più di cinque minuti. - Mi
accompagnerete sul luogo dove è stato trovato ucciso vostro fratello
- disse a Francesco Pascucci quando tornò nell'ufficio. Sapeva
che per via avrebbe certamente incontrato il carabiniere Carmine
Berardi, che si trovava in servizio di perlustrazione a piedi lungo
la strada che da Tossicia portava ad Isola del Gran Sasso, la stessa
che avrebbe dovuto percorrere per andare a Mercato Vecchio. In
effetti, lo incontrò dopo un paio di chilometri e seppe che anche a
lui era arrivata la voce del rinvenimento di un morto ucciso vicino
a Mercato Vecchio. - Stavo
tornando proprio per avvertirvi - gli disse Berardi. Tutti e
tre, i due carabinieri e Francesco Pascucci, si diressero verso
Mercato Vecchio. Arrivarono nel luogo del rinvenimento del cadavere
quasi contemporaneamente a tre carabinieri della stazione di Isola
del Gran Sasso, il brigadiere Costantino Cardacci, che ne era il
comandante, e i carabinieri Fortunato Piersanti e Angelo Carniato.
Anche loro avevano saputo del ritrovamento di un morto ammazzato e
si erano subito diretti verso la località che era stata loro
indicata. Il
cadavere si trovava in mezzo ad una vigna, rovesciato sul dorso, con
la gamba sinistra ripiegata sul ginocchio sotto la gamba destra, le
braccia distese lungo il corpo. La bocca era aperta e gli occhi
socchiusi. Sul petto, in corrispondenza con il cuore, presentava una
ferita dalla quale continuava a sgorgare del sangue abbondante, che
aveva inzuppato pesantemente gli abiti. Alla
semplice osservazione esterna, i carabinieri non riuscirono a
stabilire se a provocare la ferita fosse stata un'arma tagliente o
un'arma da fuoco. I
carabinieri Piersanti e Carniato restarono a piantonare il cadavere,
Berardi fu incaricato di tornare a Tossicia per telegrafare al
Procuratore del Re, mentre il brigadiere Cardacci e il vice
brigadiere Scozi avviarono subito le indagini per assumere le prime
informazioni. Sul luogo
avevano trovato un uomo che aveva detto di essere un fratello
dell'ucciso, di nome Nicola. Era affranto, piangeva disperatamente e
non si dava pace per la morte del fratello Domenico. Non sfuggì ai
due esperti sottufficiali dell'Arma che presentava dei graffi sul
viso e sul dorso delle mani e sul davanti dei suoi indumenti alcune
macchie di sangue. Subito
sentito, l'uomo fu generalizzato come Pascucci Nicola, fu Luciano e
di Rosa Antonia Podestà, di anni 25, sarto di Mercato Vecchio.
Riferì che nel corso della notte si trovava a guardia della vigna in
cui era stato trovato morto suo fratello Domenico. - Perché
facevi la guardia? - chiese il brigadiere Cardacci. - Perché
di questi tempi di notte vanno in giro i ladri. Facevamo la guardia
a turno io e mio fratello Domenico. A volte ci venivo io, a volte ci
veniva lui. - E come
mai questa notte ci stavate tutti e due? - No,
c'ero solo io. Mio fratello Domenico ieri sera è restato a casa,
proprio perché sono venuto io a fare la guardia. - E
allora come mai c'era anche lui? - Non lo
so. Non so perché è venuto anche lui questa mattina. - Non era
previsto che venisse? - No. - Dove
hai passato la notte? - Ho
dormito in quella capanna di paglia che si vede pure da qua. Indicò un pagliaio che si
trovava ad un centinaio di metri dal luogo del rinvenimento del
cadavere del fratello.
* Riportiamo l'incipit del libro, volume n. 35 della Collana "Processi celebri teramani". |