Un
tragico Carnevale *
(Il processo Di Pietro -
1892)
La Corte
Processi celebri teramani.
Collana a cura di Elso Simone
Serpentini
Un magro giovedì grasso.
Il giovedì
grasso del 1891 era stato il più "magro" di tutti gli altri giorni
dell'anno. Non c'era a Teramo persona che non ne fosse convinta. La neve,
caduta abbondantemente, più che nel mese precedente, aveva rovinato
la festa in quel monotono mese di febbraio. "E' tutto magro il Carnevale
di quest'anno!" Era stata questa la battuta ricorrente un po' in tutti
gli ambienti, in quello delle famiglie che frequentavano il Casino Teramano
così come in quelli, più modesti, delle Società Operaie.
Quando,
anche negli ultimi giorni di Carnevale, era caduta un'altra volta la neve
e molte feste in maschera erano state annullate, qualcuno di battute ne
aveva coniato un'altra: "Sono gli ultimi giorni di un moribondo." Il moribondo,
ovviamente, era Sua Maestà Carnevale, come i teramani chiamavano
la festa che più avevano considerato favorevolmente nel passato,
nemmeno tanto lontano. Non erano pochi quelli che ricordavano gli splendidi
carnevali di un tempo, di quando Teramo impazzava per giorni e le strade
erano piene di maschere folleggianti e le feste e i trattenimenti e le
sfilate erano occasioni tanto ghiotte e rinomate da attirare perfino i
forestieri, anche da fuori regione.
Poi, con
il tempo, a poco a poco la tradizione si era come smarrita per via e forestieri
non ne erano più venuti. Anzi erano stati i teramani che avevano
cominciato a lasciare la propria città per festeggiare il Carnevale
altrove e sulle maschere locali era caduto il velo dell'oblìo. Poche
e scarne le manifestazioni, piene di noia le serate, pochissime le maschere
in piazza e poche le sfilate. Poi erano spariti anche i carri ed era rimasto
in tutti solo il rammarico, insieme, però, con la voglia di far
tornare grande quello che era stato un vanto e che ora era soltanto l'occasione
di un continuo rimpianto.
Si era sperato
che proprio in quel 1891 si potesse ridare vigore ai festeggiamenti di
Carnevale, nonostante che in città negli ultimi anni si fosse dovuto
far fronte, con animo forte, alla scomparsa di concittadini illustri, tra
i quali la poetessa Giannina Milli, morta a Firenze, il Preside del Liceo
Classico Prof. Luigi Tinelli, morto in servizio, il Prof. Luigi Vinciguerra,
maestro di tante generazioni di studenti e amato e rispettato da tutti,
il Vescovo Milella, ancora rimpianto. Ma forse era proprio per scacciare
la tristezza che i teramani avrebbero voluto ridare vita ad un grande Carnevale.
E invece niente. Non era stato possibile. Il cattivo tempo aveva avuto
la meglio e ci si era dovuti rassegnare all'avvento della Quaresima, che
invece i teramani non amavano e non avevano mai amato.
Il carnevale
del 1891 i teramani si erano dovuti accontentare di festeggiarlo al Teatro
Comunale, anzi di vederlo festeggiare. Le recite di Un ballo in maschera
erano state tutte coronate da grande successo, specialmente quella del
7 febbraio. E la sera successiva ancora più successo aveva avuto
la beneficiata di Lucia Cavallini, una delle più rinomate cantanti
alla moda.
Monsignor Trotta
L'ultimo
ballo prima della quaresima, organizzato al Casino Teramano, aveva avuto
invece un successo più tiepido, ed era stato l'ultimo, ma anche
appena il secondo. E questo voleva dire molto. Aveva colpito ancora di
più l'immaginazione popolare il fatto che il tempo orribile aveva
fatto sì che in piazza, per l'ultimo giorno di Carnevale, fossero
scese soltanto pochissime maschere. E la gente aveva cominciato a dire
sempre più spesso: "Monsignor Trotta ci richiama tutti alla tetra
realtà della Quaresima."
Monsignor
Francesco Trotta era il Vescovo che aveva preso il posto di Monsignor Milella
e, per la verità, sembrava veramente che amasse più la Quaresima
del Carnevale. Sembrava anche rappresentare più che mai l'immagine
di una città che, pur non avendo perso del tutto il gusto del Carnevale,
non riusciva tuttavia a ritrovarlo interamente. Così anche l'anno
1891 era passato senza che il carnevale teramano tornasse ad essere importante.
Non era restato che sperare che tutto andasse meglio l'anno successivo,
il 1892.
Un anno promettente
In effetti
il nuovo anno era sembrato nascere sotto migliori auspici, anche per le
condizioni meteorologiche e tutto era sembrato più promettente.
Questa sarebbe stata forse la volta buona. C'era nell'aria qualcosa
di nuovo, qualcosa di più. Teramo era parsa uscire dall'inverno
con una gran voglia di caldo, di feste, di divertimenti. Il Carnevale,
inoltre, sarebbe arrivato più tardi, il 1° marzo, e avrebbe
goduto quasi certamente di condizioni climatiche più favorevoli.
Lunedì
11 gennaio, nella tradizionale inaugurazione del nuovo Anno Giudiziario,
il discorso ufficiale, del Sostituto Procuratore del Re, Polito, era stato
insolitamente breve e la cosa aveva fatto piacere a molti. Anche le cifre
lette dal Presidente del Tribunale, Cav. Luigi Bruno, erano state tali
da indurre a qualche ottimismo. Il numero complessivo dei reati era diminuito
in tutta la provincia, così come il numero degli imputati. Unica
nota stonata l'aumento del numero degli omicidi, passati dai 22 del 1890
ai 23 del 1891.
Il Cav.
Bruno aveva approfittato dell'occasione per fare i primi saluti di congedo.
Infatti era stato promosso e destinato, come Consigliere, alla Corte d'Appello
di Catanzaro. Al suo posto sarebbe venuto tra breve il Cav. Domenico Mannacio.
Cattive
notizie erano arrivate dal Teatro Comunale. Non soltanto era ormai escluso
che si potesse allestire qualche opera lirica, ma per miracolo si era riusciti
a mantenere in piedi un'esile speranza che si potesse almeno ospitare una
compagnia di operette. Si faceva il nome della compagnia Gonzales, di buona
rinomanza, ma proprio questo elemento era diventato un difficile ostacolo.
Infatti la compagnia aveva fatto sapere che prima di confermare il suo
arrivo, pretendeva che si raggiungessero 4000 lire di abbonamenti e la
cifra minacciava di risultare troppo alta.
"Il pudore
delle famiglie teramane è salvo!"diceva qualcuno, con ironia, riferendosi
ai ripetuti tentativi effettuati, a quanto pare con successo, dagli ambienti
vicini a Monsignor Trotta, per non far riaprire il Teatro Comunale né
alle opere né alle operette. E, se avessero potuto, gli ambienti
vicini alla Curia avrebbero anche abolito il carnevale ed esteso la quaresima
a tutto l'anno. Chi non amava l'ironia preferiva l'attacco diretto: "I
puritani del teatro." diceva riferendosi ai sostenitori di Monsignor Trotta.
E ancora: "A Teramo si muore di noia."
La battaglia
per avere almeno le operette era stata lunga e difficile. Alla fine la
Deputazione dei Pubblici Spettacoli era riuscita a formulare un parere
favorevole, che aveva convinto chi doveva convincersi a prendere contatto
con la compagnia Gonzales.
La notizia
che sarebbero tornate le operette aveva allietato tutti e così,
molto per tempo, si era diffusa una grande frenesia di organizzare feste
da ballo e soirées, anticipando di molto il Carnevale.
* Riportiamo l'incipit
del libro,
che è stato pubblicato come n. 4 nella Collana "Processi celebri
teramani".
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