Tredici minuti prima di mezzanotte *
(Il processo De Marco - 1904)

La Corte
Processi celebri teramani.
Collana a cura di Elso Simone Serpentini

"Cardarella"

   "Cardarella è nu guappo guaglione,
   Chiatto, tunno, nu capo sciascione,
      Nu bello guaglione,
      Nu capo guagliò !
   Si t'à piglie na tazza e' cafè,
   Na scicchezza tu pruove addavè,
      Tu pruove addavè,
      Sicuro, addavè!
   Tutte vonno Aitano Guarini,
   E nnisciuno se lagna, o' pecchè ?
      O' pecchè, o' pecchè ?
   E pecchè... pecchè ndringhete ndra,
   Ncopp'o Corzo nu mago nge sta !
   E pecchè ?... pecchè ndringhete ndra !"

       Gaetano Guarini, soprannominato "Cardarella", titolare dell'omonimo Caffè, che si trovava al piano terra del palazzo Thaulero e si affacciava sul Corso San Giorgio, a Teramo, era assai felice quella sera di sabato 2 gennaio 1904. Gli amici avevano voluto, accompagnati dal suono di un mandolino, cantargli la canzoncina che aveva scritto e pubblicato su Il Centrale quel lazzarone di Gaetano Baldassarre. Erano versi amichevolmente canzonatori, da cantare sull'aria di Carmenella è na bella guagliona.
 "Cardarella" si divertì molto quella sera, perché i versi cantati sull'aria di quella orecchiabile canzoncina napoletana esaltavano quella che era il suo orgoglio: la "Centerba Flora", da lui inventata e prodotta, che gli stava dando tanta celebrità, dopo il successo avuto nel Grand Prix di Lione del 1903. Tutti parlavano della sua centerba, che aveva rilanciato il suo locale, dopo un periodo di appannamento.

   "C'a cienterba s'ha fatto n'onore,
   P'a scicchezza de chisto liquore,
      Pe cchisto liquore,
      S'ha fatto n'onore !
   Da Parigge, Marsiglia, Lione,
   So arrivate brevett'e' ccurone,
      Brevett'e' ccurone
      Marsiglia-Liò !
   Tutte vonno a' cienterba d'a Flora,
   So' mpazzute ! ... e sapìte 'o pecchè ?
      O' pecchè, o pecchè ?
   E pecchè... pecchè ndringhe, ndrà
   Ncopp'o' corzo a' cienterba nge sta,
   Tutte corrono a' bbevere llà,
   E  pecchè ?... pecchè ndringhete ndrà !"

     Dopo aver gestito, a partire dal 1888, un locale pubblico a Porta Romana, chiamato "Caffè degli Alberetti", Gaetano Guarini aveva conosciuto alterne fortune, anche dopo aver aperto, nel 1900, il più pretenzioso locale in Corso San Giorgio, da lui chiamato "Caffè della Vittoria".  Aveva attraversato un periodo di crisi, che lo aveva portato quasi al fallimento. Si era salvato grazie all'aiuto economico dei parenti della moglie, Maddalena Salini. Poi era stata proprio la sua "Centerba Flora" a ridargli lustro e una nuova floridità economica. Quella sera Gaetano Guarini si sentì felice, in mezzo agli amici, ancora vogliosi di continuare le feste di inizio d'anno.
Si bevve in quantità, si gustò la centerba e, ad ogni bicchiere, le voci erano più alte e più stonate. Quella serata non avrebbe potuto essere più bella. Il suo Caffè pieno, gli affari che andavano bene, il suo nome e quello della sua centerba sulla bocca di tutti, gli amici che lo festeggiavano, sua moglie Maddalena che appariva più bella che mai. Cosa volere di più dalla vita ?
 C'era solo un cruccio per lui, quasi un'ombra, che lo turbava, gli dava pensiero e lo rendeva a tratti ombroso: la sua gelosia per la moglie Maddalena. Perché c'era qualcuno, a Teramo, che si divertiva a sparlare di lei ? A dire che aveva delle simpatie per....?
 Mah ! Meglio non pensarci. Meglio far festa con gli amici e dimenticare i crucci e le ombre. La canzone finì; a poco a poco gli amici andarono via e nel locale rimasero poche persone. Ora "Cardarella" si sentiva felice, ma anche molto stanco. Lasciò la moglie Maddalena a sbrigare le ultime faccende prima della chiusura dell'esercizio e se ne andò a letto. Quando guardò l'orologio, prima di spegnere la luce, vide che mancava una decina di minuti alla mezzanotte.

Flagrante adulterio

 La sua camera da letto si trovava a poca distanza dal locale nel quale veniva svolto il servizio al pubblico e che dava sul Corso. Gaetano si svegliò di soprassalto, forse per la sete o a causa di alcuni rumori che provenivano da un altro locale, attiguo alla saletta del Caffè. Si accorse che la moglie non si era ancora coricata, nonostante egli avesse l'impressione che fosse già molto tardi. Seminudo com'era, scalzo e con la sola camicia addosso, si affacciò nella sala del servizio al pubblico. La porta era chiusa, ma nel locale non c'era nessuno. Dov'era Maddalena ?
 Ancora assonnato, si affacciò in un altro piccolo locale attiguo alla sala, che aveva una vetrina chiusa che dava sul Corso e che era stato aperto solo da pochi giorni. La porta era socchiusa e dallo spiraglio vide una scena che avrebbe ricordato per tutta la vita.
 

* Riportiamo l'incipit del libro, pubblicato come n. 9 nella Collana "Processi celebri teramani".

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