Hanno ammazzato compare "Jabbìcche" (I processi Testone e Curini - 1918-1922)
La Corte
Un
agguato nella notte
Quella sarebbe stata la notte in cui finalmente lo avrebbe
ammazzato. Filippo Giacobozzi, pazzo di gelosia, aveva deciso di
appostarsi con il fucile all'angolo di un vicolo dove era certo che
sarebbe passato il suo rivale, l'amante di sua moglie. Gli avrebbe
sparato non appena lo avesse visto sbucare. Era rimasto attratto da
Gaetanina Falconi fin da quando era uscita dall'infanzia e diventata
una civettuola adolescente, così aveva deciso di sposarla subito.
L'aveva portata all'altare la prima domenica di maggio del 1899,
sebbene lei avesse appena 15 anni e lui soltanto 5 anni di più.
La gelosia lo aveva roso fin dai primi giorni del matrimonio, perché
Gaetanina era bellissima e ammiratori aveva continuato ad averne e
tanti, incuranti del fatto che lei fosse ormai sposata. Così erano
cominciate a circolare nel paese delle voci. A Gaetanina venivano
attribuite relazioni con uomini assai più maturi di lei, quasi tutti
sposati. Le chiacchiere non erano cessate nemmeno dopo che le erano
nati prima una figlia, Serafina, l'8 gennaio del 1903, e poi un
figlio, Filiberto, il 19 settembre del 1905.
I litigi tra Filippo e Gaetanina erano sempre stati assai frequenti,
motivati dalla gelosia di lui e dal comportamento di lei, piuttosto
libero, e non poche volte, al termine di furibonde scenate, lui
l'aveva cacciata di casa e rimandata da suo padre Emidio, che
l'aveva accolta per qualche giorno, in attesa che sbollisse la
rabbia del genero. Questi l'aveva ogni volta ripresa con sé,
perdonandola, sebbene Gaetanina e suo padre insistessero nel dire
che lei non sebbene
Gaetanina e suo padre insistessero nel dire che lei non aveva niente
da farsi perdonare. Dei tanti amanti che i pettegoli e le pettegole
del paese continuavano ad attribuire a sua moglie, Filippo
Giacobozzi sospettava più di tutti di Valerio Silverii,
soprannominato "Jabbìcche", benché questi fosse molto più anziano di
lui e di Gaetanina e addirittura di suo suocero, avendo ben 46 anni.
Filippo, nel sospettare soprattutto di lui, non aveva motivi più
validi che per altri, di cui pure la gente sparlava, attribuendo
loro una relazione con Gaetanina. Probabilmente i maggiori sospetti
erano dovuti al fatto che "Jabbìcche" aveva da gran tempo fama di
gaudente e di seduttore e gli erano state attribuite via via
numerose tresche, anche con donne sposate e assai più giovani.
Negli ultimi tempi Filippo aveva preso a sospettare sempre di più
proprio di "Jabbìcche" e si era molte volte appostato nei pressi di
casa sua, aspettando che uscisse, per spiarne le mosse, per vedere
se si recava a far visita a Gaetanina, dopo aver detto a sua moglie
che sarebbe partito da Torricella e sarebbe stato assente per
qualche mezza giornata o per la sera. Altre volte, sempre dopo aver
detto alla moglie che sarebbe stato assente a lungo, si era
appostato nelle vicinanze di casa sua, sperando di poter cogliere
sul fatto qualche visitatore. Ma non era mai riuscito a sorprendere
nessuno che entrasse in casa sua a sua insaputa e in sua assenza o
sua moglie che uscisse per far visita a qualcuno. Le malelingue
avevano continuato a fargli arrivare alle orecchie insinuazioni e
presunte certezze. Filippo si era reso conto che in pratica tutto il
paese sparlava di sua moglie e rideva di lui. Così si era convinto
che doveva vendicarsi di "Jabbìcche". Per questo si era appostato
all'angolo di quel vicolo, intenzionato a scaricargli addosso la sua
doppietta non appena fosse spuntato dall'ombra alla fioca luce di un
lampione che si trovava nei pressi. "Jabbìcche"
Chi e perché avesse affibbiato a Valerio Silverii, alto e possente
nella figura, temibile nell'aspetto e nei modi, il soprannome di "Jabbìcche",
non lo sapeva nessuno. Era certo, però, che gli calzava a pennello.
"Jabbìcche" era il nome del Diavolo in persona, e lui, a vederlo, lo
sembrava davvero. Chi lo
aveva conosciuto da giovane ricordava che aveva mostrato assai
presto un brutto carattere, rivelandosi litigioso, manesco,
prepotente, e sempre pronto a farsi "i fatti degli altri". La sua
tendenza a volersi sempre intromettere nelle questioni, anche quelle
che non lo riguardavano, a voler prendere ora le difese di questo
ora di quello, a farsi giustiziere dei torti subiti anche da persone
a lui del tutto estranee, o accusatore di chi li faceva subire agli
altri, era diventata proverbiale. La sua statura imponente, la sua
stazza robusta, la sua forza erculea, la sua determinazione e la sua
audacia, non disgiunte da una grande abilità nel maneggiare coltelli
e lame di qualsiasi genere e tipo, gli avevano conferito un ruolo di
primissimo rilievo nella piccola comunità di Torricella Sicura.
Suo padre si chiamava Nicola, sua madre Pasqua Maria Di Michele ed
era nato l'anno successivo al compimento dell'unità dell'Italia, nel
1862. Si era sposato con Consiglia Pompei e aveva avuto numerosi
figli. Il primo, Nicola, era nato l'8 luglio 1885, cui erano seguiti
Tito, nato il 6 gennaio 1887, Pompeo, nato il 23 novembre 1890,
Marta, nata il 25 ottobre 1893, Angelamaria, nata nel 1896 e
Concetta, nata nel 1899. Anche
dopo aver messo su famiglia, e tanto numerosa, Valerio aveva
continuato a mostrarsi prepotente, litigioso, in non poche occasioni
attaccabrighe e soggetto assai poco accomodante, temibile e da
evitare se si voleva restare in pace. Passava molto tempo in piazza
o in cantina; lo si vedeva sempre ammantato dal suo tabarro nelle
lunghe serate invernali, quando si tirava fino a tardi giocando a
carte o alla morra, o impettito nel suo abito di fustagna grigia
nelle serate estive, quando la sua voce tonante era possibile
sentirla a distanza notevole, sempre infervorata nel gioco o nella
bestemmia, o impegnata a rimproverare ora questo ora quello.
Assai temuti erano i suoi scatti d'ira, quando sembrava avercela con
il mondo intero e si mostrava pronto a prendere parte a qualsiasi
alterco, dei tanti che ogni sera si verificavano a Torricella in
quegli anni. Il paese era noto in tutta la provincia per il gran
numero di liti, questioni, scontri e accoltellamenti che si
verificavano quasi ogni giorno. Sembrava che tra i residenti non vi
fosse nessuno, giovane o vecchio, che cercasse di evitare di essere
coinvolto in qualche discussione o in qualche scontro. Con l'età, "Jabbìcche"
aveva acquistato molta autorevolezza nel far da paciere nelle
numerose liti che continuavano a succedersi senza fine. Non poche
erano le occasioni in cui chi desiderava avere giustizia per un
torto subito si rivolgeva a lui, perché "mettesse a posto" chi
gliel'aveva imposto. Dopo aver valutato le circostanze riferitegli,
si metteva dalla parte di chi riteneva avesse subito il torto e
iniziava la ricerca del responsabile, per impartirgli la dovuta
punizione, consistente il più delle volte in una severa rampogna, ma
in non pochi casi in una vera e propria bastonatura che chi subiva
doveva piegarsi ad accettare, se non voleva incorrere in qualche suo
provvedimento ancora più pesante. Non pochi si rivolgevano a lui non
solo per chiedergli di fare da giustiziere, da vendicatore, o da
paciere, ma anche per avere suggerimenti o consigli, ritenendo che
egli avesse l'esperienza e l'avvedutezza sufficienti per darne di
buoni ed assennati.
Il suo brutto carattere gli procurò, tuttavia, non pochi guai,
specie quando cominciò a spargersi la voce che fossero assai
numerose le sue avventure galanti e che avesse più di una relazione
con donne sposate del paese e delle contrade limitrofe. Chi
soprattutto nutriva una grande gelosia nei suoi confronti era
Filippo Giacobozzi, convinto dalle voci che circolavano in paese che
egli fosse l'amante di sua moglie Gaetanina. Sentendo su di sé "il
peso delle corna", Fi-lippo stava sempre sul chi vive, convinto che
un giorno o l'altro a-vrebbe sorpreso insieme i due amanti. Non
riuscendo mai a coglierli sul fatto, aveva deciso di eliminare il
rivale, appostandosi frequente-mente all'angolo di un vicolo, nella
certezza che "Jabbìcche" sareb-be passato di lì per andare a casa
sua per incontrarsi con Gaetanina. * Riportiamo l'incipit del libro, volume n. 20 della Collana "Processi celebri teramani". |