Lambrasca e Muso di porco
(Il processo Monaco-Viennese a altri - 1948-52)

La Corte
Processi celebri teramani
Collana a cura di Elso Simone Serpentini

 
 

Il ritorno a casa di Antonio Simboli

Una sera di fine dicembre del 1943 Antonio Simboli tornò a casa, nella campagna di Arsita, a piedi, non avendo trovato un mezzo di trasporto. Dopo la notizia dell’armistizio, che si era sparsa la sera dell’8 settembre, c’era stata una generale confusione e aveva deciso anche lui di lasciare il suo reparto e di avviarsi verso casa, dove lo attendeva sua moglie Maria Assunta. Ne aveva impiegato di tempo per arrivare, a piedi, seguendo un percorso lungo e assai difficile, data la situazione della guerra, gli sconvolgimenti in atto e la tanta neve che era scesa e aveva ricoperto tutto.
Chi sa se Maria Assunta era ancora in piedi? Quando arrivò in cima al colle e gettò uno sguardo verso la valle dove aveva abitato fino al giorno in cui era partito richiamato in guerra, capì che Maria Assunta doveva essersi messa a letto, perché non c’era una sola finestra dalla quale filtrasse una luce, sia pure fioca. Si avvicinò con il cuore che gli batteva forte. Finalmente a casa! Bussò alla porta con le mani che gli tremavano per l’emozione.
Nessuno aprì. Antonio bussò ancora e ancora, sempre inutilmente. Si ricordò che prima di partire per la guerra lui e la moglie avevano l’abitudine di tenere una chiave di riserva, per ogni eventualità, in un buco nel muro, sopra la porcilaia. Chi sa se c’era ancora? Ma perché la moglie non apriva? Possibile che avesse il sonno così pesante?
Andò nella porcilaia e infilò la mano nel buco, coperto da un mucchio di paglia. La chiave c’era. La prese e tornò davanti alla porta di casa, l’aprì e si fece luce con l’accendino che aveva in tasca e con cui accese un lume, che trovò sopra una mensola della cucina. Andò nella camera da letto e rimase sorpreso nel vedere che il letto era vuoto, perfettamente rifatto. Sua moglie non c’era. Dove era andata con tutta quella neve? Attese un po’, convinto che potesse tornare da un momento all’altro, poi si stese sul letto e, stanco com’era, prese sonno.
Si svegliò che era appena l’alba. Dalla finestra filtrava la prima luce del giorno. Maria Assunta non era tornata. Dove poteva essere andata? Forse era andata a casa dei genitori. La risposta che si diede gli sembrò convincente. Pensò che, forse, dopo aver trascorso la notte a casa dei suoi, sarebbe rincasata. Sarebbe stata per lei una bella sorpresa la sua presenza. Era da tempo che non riceveva sue lettere, forse ne aveva spedite e non gli erano arrivate. Ultimamente, con l’avanzare del fronte verso nord, il suo reparto aveva cambiato più volte il proprio stanziamento. Forse non ne aveva scritte, di lettere. Anche lui non ne aveva scritte nell’ultimo periodo, troppo difficile farlo in una situazione oggettivamente dura e difficile, con combattimenti da sostenere ogni giorno.
Si alzò, andò un cucina, mise a fare il surrogato di caffè, lo versò in una tazzina e se lo bevve con gusto. Era il primo caffè decente che beveva dopo tanto tempo. Di quell’aroma, del caffè di casa, aveva perso la memoria. Si accese una sigaretta, una delle ultime che gli erano rimaste e si mise ad aspettare. Sua moglie sarebbe presto rientrata. C’erano le bestie da governare nella stalla. Non poteva aver deciso di abbandonarle. Le due vacche cominciarono a farsi sentire. Se non avevano muggito durante la notte, era segno che non stavano a digiuno da molto.

Il ritorno a casa di Maria Assunta

Antonio Simboli si era rimesso a letto, vinto ancora dalla stanchezza, e si era assopito, questa volta non calando in un sonno profondo, ma leggero leggero, sì che sentì subito il rumore della chiave che girava nella toppa della porta di casa. Doveva essere Maria Assunta che tornava. Si levò dal letto e la incontrò sulla porta della camera. Lei ebbe un soprassalto, più di paura che di sorpresa. Non si aspettava certo di vederlo.
Ripresasi, sia dalla paura che dalla sorpresa, atteggiò il volto ad un sorriso felice, si abbracciarono e si baciarono. Si vedeva che era contenta di riaverlo a casa il marito. Ne aveva sentito la mancanza, disse. Glielo dimostrò subito, pochi minuti dopo, quando a letto fecero l’amore, con furia più che con passione. Dopo aver rigovernato le bestie e aver pranzato, lo fecero ancora, con non minore passione. L’astinenza forzata lo aveva rinvigorito e lei glielo fece notare. Anche quando fecero l’amore la terza volta, andati a letto dopo aver cenato, quando giunse la sera.
Nei giorni successivi la passione ritrovata scemò solo di poco e Antonio riprese le sue normali attività quotidiane, quelle di chi si sentiva in dovere di dare una mano a sua moglie. Che tanto lungamente aveva dovuto provvedere da sé a quelle faticose incombenze. L’unica cosa che Antonio notò, di strano, fu che un paio di volte Maria Assunta si assentò da casa per un paio d’ore ogni volta, senza dire dove si fosse recata e dando segni di una certa insofferenza quando lui glielo chiese.
Una domenica andarono a trovare la sorella di Maria Assunta, Maria Stella, che abitava a Pantane. La trovarono che stava lavorando in campagna e Antonio si meravigliò nel trovarla meno contenta di vederlo di quanto si sarebbe aspettato. Sapeva che era stato informato del suo ritorno, anche se non sapeva da chi, e si aspettava di vedersi accolto, non per forza con gioia, ma almeno con soddisfazione. E invece lei sembrava stare con il muso e parve in qualche occasione addirittura scontrosa. Sia con lui che con la sorella, anzi con la sorella ancora di più.
Il perché Antonio lo venne a sapere dopo che ebbero pranzato, tutti insieme, lui, Maria Assunta, Maria Stella e il figlio di questa, che aveva nove anni.

  - Come l’hai trovata tua moglie? - gli chiese Maria Stella, un momento che si trovarono soli nella stalla, dove lui l’aveva raggiunta per aiutarla a governare le bestie.
- Come la dovevo trovare? È stata contenta assai che sono tornato - rispose lui.
- Ah sì? Chi sa se è contenta davvero - disse lei.
- Perché non dovrebbe essere contenta?
- Perché hai guastato i suoi piani.
- Che cosa intendi dire? - chiese Antonio.
- Non hai sentito dire niente dalla gente? - chiese a sua volta Maria Stella.
- Che dovevo sentir dire?
- Che tua moglie non ci ha messo molto a sostituirti nel suo letto quando sei partito.
La frase della cognata fu per Antonio Simboli come una frustata in piena faccia. E non capì la ragione. Perché dire quella malignità nei confronti di sua sorella?
Glielo chiese, e la cognata confermò la sua accusa, dicendo che la sorella Maria Assunta durante la sua assenza si era fatto un amante, con cui si incontrava nel bosco, era un uomo sposato che si chiamava Donato.
Antonio lì per lì non diede peso alla rivelazione, che credette falsa. L’attribuì ad un malanimo insorto tra le due sorelle, di cui qualche avvisaglia aveva colto già prima di partire militare. Durante la sua assenza doveva essersi accresciuto.

 

* Riportiamo l'incipit del libro, volume n. 45 della Collana "Processi celebri teramani". 

indice "Teramo in Giallo"