Uno sparo nella notte *
(I processi Di Stefano – 1916, 1948)

 

Domenica di festa a Casanova

      Nel pomeriggio di domenica 2 maggio 1915 tutti i giovani di Casanova, una piccola frazione del Comune di Cortino, in provincia di Teramo, erano vestiti a festa e non vedevano l'ora che arrivasse la sera. Quello sarebbe stato il giorno della festa da ballo in casa di Francesco Di Berardino.
      Era da qualche tempo che a Casanova non si tenevano feste da ballo e per qualcuno di quei giovani, che ora attendevano con tanta ansia, sarebbe stata la prima volta. L'idea di organizzarne una era venuta allo stesso Francesco, il giorno che era tornato dall'America suo cugino Berardino, il quale gli aveva ricordato che, prima che partisse per l'America, feste da ballo se ne erano fatte a Casanova e nelle frazioni vicine. Aveva aggiunto che in America si andava a ballare ogni fine settimana.
      Ora Berardino aveva 25 anni, 7 anni più del fratello Francesco. Ne aveva appena 16 quando era andato in Amercixa la prima volta e aveva trovato lavoro a Philadelphia. Qui aveva incontrato molti altri italiani e molti provenienti da Cortino e da Casanova. Nel 1909 era tornato in Italia, dove era rimasto fino  al 1913, quando si era imbarcato nuovamente per gli Stati Uniti, a 23 anni, con la nave "Venezia".  Da Philadelphia, dove abitava in Chrotian Street n. 821, aveva fatto venire altri conoscenti di Casanova, tra i quali i cugini Franco Paesani e Domenico De Angelis. Con Domenico era andato in America anche suo padre Vincenzo.
    Poi Berardino era tornato ancora a Casanova e così pure Domenico De Angelis. Altri di Casanova erano partiti per l'America, altri erano tornati. Ora c'era preoccupazione, perché si diceva in paese che l'Italia stesse per entrare in guerra e che i giovani sarebbero stati presto richiamati sotto le armi. C'era voglia di divertirsi un po' e di festeggiare la primavera.
    Così Francesco si era messo in mente che a Casanova si doveva tenere una bella festa e aveva preparato per l'occasione, con l'aiuto di alcuni amici, una casa della sua famiglia, che si trovava a breve distanza dalla sua abitazione e che al momento non veniva utilizzata. Già da prima di Pasqua si era messo in giro per Casanova per avvertire e per invitare, per assicurarsi che le famiglie facessero partecipare i figli e soprattutto le figlie. Alcune famiglie avevano detto chiaro e tondo che i propri figli non li avrebbero mandati; altre famiglie invece avevano promesso di sì.
    Trovare uno che suonasse il "ddu botte", che avesse voglia di mettersi a disposizione per un paio di ore e facesse così fare quattro salti ai giovani di Casanova, non era stato facile, ma alla fine s'era trovato il vecchio Ezechiele Brunozzi, che aveva detto di sì.
    Tutto il paese fece festa quella domenica, perché era tradizione che si festeggiasse l'arrivo della primavera, anche se quell'anno si profilava all'orizzonte una guerra e tutti erano preoccupati. Già alcuni giovani erano stati richiamati, altri lo sarebbero sicuramente stati nei giorni a venire e lasciare la famiglia e il lavoro nei campi per il fronte era doloroso.
    Ma quella domenica nessuno aveva voglia di pensarci. Ci si voleva solo divertire e far festa. La mattina gli uomini e le donne andarono a messa e il vecchio Don Antonio Forlini fece una predica più sconclusionata del solito. Segno che anche per lui era arrivata la primavera. Nel pomeriggio, ancora con il vestito della festa, le donne se ne stettero in piazza a chiacchierare e gli uomini a bere un buon bicchiere di vino e a giocare a carte, nell'osteria del Nagacci e anche fuori, davanti all'osteria.
     I giovani si diedero molto da fare per la riuscita della festa da ballo. Tornarono a parlare con Ezechiele, per essere sicuri che veramente portasse il suo "ddu botte" e fosse disponibile a suonare. Tornarono alla carica con le famiglie restie a mandare le ragazze più giovani, fecero gli ultimi preparativi nella casa dove si sarebbe ballato. Francesco Di Berardino era quello che si dava maggiormente da fare. Suo fratello Berardino, "l'americano", era più distaccato e si dava l'aria dell'uomo di mondo. In America lui andava a ballare ogni fine settimana. Non c'era da essere emozionati.
    In piazza, mentre giocavano alle carte e poi alla passatella, gli uomini parlarono della guerra. Fecero previsioni su quando sarebbe iniziata. Le donne, le madri di famiglia soprattutto, si confidarono le loro ansie e le loro preoccupazioni per i figli, che sarebbero partiti per andare nelle zone di guerra.
    Verso una certa ora passò in piazza, tutto rivestito a nuovo del suo abito migliore, Enrico Belmonte. A chi lo invitò a fermarsi per farsi una partita a carte, rispose che non poteva. Doveva andare a Faieto, per una faccenda da sbrigare. Doveva incontrare un castratore di animali, disse.
    Faieto era a circa tre quarti d'ora di cammino da Casanova, andando a passo normale. A passo svelto e facendo qualche scorciatoia un po' scomoda, si poteva impiegare anche una mezz'ora. Tra le due frazioni del Comune di Cortino c'era un fiumicello, quasi un torrente, il Formicello, che si attraversava mediante un piccolo ponte di legno. Esso divideva anche due antiche rivalità.
    Enrico Belmonte non aveva detto la verità. Non andava a Faieto per incontrare un castratore di animali, ma per un'altra ragione, che riguardava la figlia Letizia. Sposatosi nel 1888 con Raffaella Di Michelangelo, Enrico aveva visto nascere in pochi anni numerosi figli, tra i quali due maschi: Bellisario, che aveva ora 26 anni, e Cesarino, che ne aveva 12. Le altre erano femmine: Letizia, di 23 anni, Maria, di 20, e Filomena, di 9. Era arrivato per lui il momento di pensare al matrimonio dei figli.

Una "imbasciata" per Annasaveria

    Nel marzo di quell'anno, poco prima di Pasqua, Giovanni Di Stefano, un giovane di Faieto, aveva incontrato Annasaveria Guerrieri, che faceva la domestica in casa di Giovanni Rofi, sempre a Faieto.
    - Ti devo chiedere una cosa - le aveva detto.
    - Che cosa ?
    - Mi devi fare un'imbasciata.
    - Di che si tratta ?
    - A Casanova conosci Letizia Belmonte ?
    - Chi ? La figlia di Enrico Belmonte ?
    - Sì, quella.
    - Beh ? Che devo fare ?
    - Le devi chiedere se mi vuole sposare.
    - Non glie lo puoi chiedere tu ?
    - Ma tu vai spesso a Casanova, la conosci. E' meglio che glielo chiedi tu. Se mi vuoi fare questo favore.
   - Poi però, se la sposi, la camicia me la devi dare - aveva detto  Annasaveria, facendo riferimento alla tradizione popolare, che voleva che lo sposo regalasse una camicia a chi aveva fatto da intermediario ad un fidanzamento che si era concluso con un matrimonio.
    - Certamente che te la regalo la camicia - le aveva risposto  Giovanni.
    Qualche giorno dopo, Annasaveria aveva riferito a Giovanni di aver parlato con Letizia Belmonte.
    - E che ti ha detto? - le aveva chiesto il giovane.
    Annasaveria lo aveva guardato con occhi ammiccanti e gli aveva sorriso.
    - Che mi dai se te lo dico? - gli aveva poi chiesto maliziosamente.
    - Ah! ah! La camicia solo se poi me la sposo.
    - Letizia mi ha detto che lei accetterebbe di sposarti, se suo padre fosse d'accordo. Ma prima ti vuole conoscere.
    - Allora, quando la vedrai nuovamente, dille che uno di questi giorni, subito dopo Pasqua, vado a Casanova a conoscerla.
    Annasaveria aveva incontrato Letizia due giorni prima di Pasqua e le aveva riferito:
    - Quel giovane, Giovanni di Faieto, mi ha detto che subito dopo Pasqua viene a Casanova per conoscerti.
 

* Riportiamo l'incipit del libro, che è stato pubblicato come n. 5 nella Collana "Processi celebri teramani".

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