Omicidio per rapina in West Virginia (I processi Speca e Cesarini - 1912)
La Corte
Un brutto
risveglio
La mattina di martedì 5 luglio 1910 il Giudice Istruttore del
Tribunale di Teramo Raffaele Ranieri si svegliò con un gran mal di
denti. Non ci mancava che quello. Era già da qualche tempo che la
sua vita era diventata un tormento. Gli anni trascorsi a Teramo non
erano stati di per sé negativi, ma sembrava che gli acciacchi
dell'età avessero deciso di farsi avvertire tutti insieme. Non
bastavano quei disturbi agli occhi, che avevano preso ad affliggerlo
negli ultimi mesi con una crescente difficoltà a leggere anche i
caratteri non proprio minuscoli. Non bastava quella debolezza del
cuoio capelluto, che gli aveva fatto perdere molti capelli. Ora
c'era anche il mal di denti, che peggiorava la situazione. E c'era
poi quel persistente dolore ai piedi, che gli rendeva doloroso il
camminare e perfino lo stare eretto.
Era decisamente un brutto risveglio. Doveva decidersi e al più
presto. Non poteva rimandare una visita oculistica sempre più
urgente e non poteva rinviare una visita odontoiatrica anch'essa
indifferibile. Il Giudice Ranieri si vestì, con lentezza ancora più
esasperata del solito, e si preparò ad uscire. Passando lungo Corso
San Giorgio, entrò nel "Caffè" di Vincenzo Polce, che si trovava nel
palazzo Montorii, e chiese un Fernet Branca.
- A digiuno? - gli chiese il caffettiere.
- Non mi va di mangiare - rispose il Giudice Ranieri. - Mi sono
svegliato con un gran mal di denti. Voglio vedere se il Fernet
riesce a farlo passare.
Uscito sul Corso, si avviò verso il palazzo di giustizia, non
mancando di recarsi ad acquistare il giornale. Ogni mattina non
vedeva l'ora, lui napoletano, di trovarsi tra le mani l'ultimo
resoconto del processo Cuocolo, che si stava svolgendo nell'aula di
Corte di Assise della sua città. Era stato decisamente un gran
brutto gaglioffo, quel Cuocolo, che, per vendicarsi dei colleghi di
malaffare che gli davano molestia o sottraevano furbescamente parti
del bottino della camorra, aveva denunciato i loro nomi alla P.S.
con lettere anonime delle quali era stato presto riconosciuto
autore. Così, alla fine, Gennarino Abbatemaggio lo aveva ucciso con
ben quaranta pugnalate.
Quando arrivò nel suo ufficio, il Giudice Ranieri incontrò qualcuno
(non avrebbe saputo dire in seguito chi fosse stato) che gli disse
che il Procuratore del Re, Martinelli, aveva chiesto di lui. Il
Procuratore lo accolse, quando il Giudice Ranieri si recò da lui,
con il consueto garbo, ma con un fare misterioso. Poi, abbassando il
tono della voce, gli disse:
- Devo parlarvi di una questione assai delicata.
- Di che cosa si tratta?
- Mi è pervenuta, proprio questa mattina, una nota riservata del
Procuratore Generale del Re presso la Corte di Appello dell'Aquila.
- Riguardo a che cosa? - chiese il Giudice, che non riusciva a
distogliere il suo pensiero dalla spiacevole sensazione che
avvertiva, a causa del dente che gli faceva male, in tutta la parte
destra della faccia.
- Alla nota riservata - spiegò il Procuratore Martinelli - è
allegato un incartamento.
Non si trattava di un incartamento particolarmente voluminoso. Tra
le mani del Procuratore, che erano enormi, esso appariva, al
contrario, piuttosto esile. Ma il Giudice ebbe subito la sensazione
che gli avrebbe dato delle rogne, e non di poco conto. Lo intuiva
dalle parole del Procuratore, dal suo tono, dalla sua circospezione
e dalla certezza, sempre più pressante, che l'intenzione del suo
interlocutore era, con tutta evidenza, quella di affidare proprio a
lui l'incarico di occuparsi della faccenda.
- Ho pensato a Voi per questo compito particolarmente delicato -
disse il Procuratore.
"Come volevasi dimostrare", pensò il Giudice Ranieri.
Prese in mano il fascicolo e cominciò a sfogliarlo. Intanto il
Procuratore veniva dando qualche spiegazione:
- L'incartamento è relativo ad un certo Pietro Spega, o Speca,
imputato di omicidio e di furto, reati commessi in America. Nel
fascicolo, come potete vedere, ci sono una nota dell'Ambasciata
americana e una copia della lettera del Ministero. Già dalla loro
lettura potrete farvi un quadro abbastanza preciso del caso. Il caso
- Dove sono avvenuti con precisione i reati? - chiese il Giudice
Ranieri.
- In West Virginia.
- E che ne è dell'omicida?
- Non è stato ancora catturato. Dall'incartamento pervenuto
dall'America pare che emergano sufficienti indizi di colpevolezza.
Il Giudice Ranieri non nascose la propria perplessità. Poi chiese:
- E dove andiamo ad arrestarlo? In America?
- Pare che lo Speca sia rientrato nel Regno, dopo aver abbandonato
in tutta fretta la contea americana dove risiedeva e dove ha
commesso i reati.
- E non si sa dove si trovi?
- Pare che sia tornato a Mosciano Sant'Angelo, suo comune di
nascita, dal quale era partito per andare in America.
- Ma chi è stato ucciso?
- Un cittadino americano. Lo vedrete nell’incartamento che mi è
stato fatto pervenire dalla Procura Generale. Tutti i documenti
americani sono in copia autentica e tradotti in italiano. Vedrete
che dalla loro lettura potrete trarre tutti gli elementi sufficienti
per assolvere all'incarico.
- La prima cosa da fare - disse il Giudice Istruttore - è ovviamente
quella di rintracciare ed arrestare lo Speca.
- Ovviamente - rimarcò il Procuratore.
- Quando è avvenuto l’omicidio in America?
- Nel mese di settembre dello scorso anno. Ora si hanno fondate
ragioni di credere che lo Speca si trovi indisturbato nel suo paese,
credendo di potersi godere, in quanto rimpatriato, l’impunità per i
delitti commessi all’estero. Vi prego di condurre le ricerche con la
maggiore prontezza e nella massima segretezza.
- Dopo aver esaminato l’incartamento, non mancherò di spiccare
mandato di cattura - assicurò il Giudice Istruttore.
- Dei provvedimenti che prenderete - concluse il Procuratore -
tenetemi costantemente informato.
* Riportiamo l'incipit del libro, volume n. 18 della Collana "Processi celebri teramani". |