Processo a una tomba
(Il processo Scena 3a parte - 1901-1907)

La Corte
Processi celebri teramani
Collana a cura di Elso Simone Serpentini
 
 

Una buona notizia

 Vincenzo Cherubini era assai inquieto quella mattina del 2 marzo 1902 e lo fu per tutta la durata del lungo colloquio che ebbe con il suo avvocato, Carlo De Michetti. Eppure la notizia che aveva avuto era decisamente una buona notizia, tanto che De Michetti aveva voluto subito annunciarla, con un largo sorriso sulle labbra, perfino al garzone del suo assistito, Angelo Zaccone, quando questi gli aveva aperto il portone di Palazzo Cherubini.
     - Tutto risolto ! Tutto risolto ! – aveva detto ad alta voce, avviandosi su per lo scalone che portava al piano alto del più sontuoso ed austero palazzo nobiliare di Atri.
     - Tutto risolto ! La questione Probi è finita ! – aveva poi aggiunto, quando si era trovato davanti a Vincenzo Cherubini e alla madre di questi, Donna Maddalena Foglietta.
     Ma, mentre quest’ultima si era mostrata compiaciuta e aveva anche rivolto degli apprezzamenti sull’opera dell’Avv. De Michetti, Vincenzo non si era mostrato soddisfatto più di tanto. Unico figlio di Don Gaetano Cherubini, era sempre sembrato a De Michetti assai diverso da suo padre, con quel suo sguardo sempre teso e preoccupato, come se rimuginasse continuamente pensieri segreti. Ora, giunto a ventotto anni di età ancora celibe, unico erede dell’immensa fortuna del suo casato dopo la morte di suo padre, avvenuta cinque anni prima, aveva continuato a vivere nell'ombra di sua madre  e della sorella di lei, Donna Sofia. Quando, due anni prima, era morta la prozia, Donna Amalia Cherubini, aveva ereditato anche le sue cospicue sostanze, diventando ancora più ricco. Ombroso, scontroso con tutti, a tratti sprezzante, Vincenzo Cherubini se ne rimaneva quasi sempre nel suo palazzo, curando i propri affari e i propri interessi economici con meticolosità e continuando a sentirsi come un assediato, quasi un prigioniero, a cui tutti ad Atri dovevano portare rispetto.
    La “questione Probi”, di cui l’Avv. De Michetti gli annunciò quella mattina la conclusione, era una questione giudiziaria piuttosto seccante. Era sorta quando, il 21 gennaio di quell’anno, Anastasia Cocciarfico, vedova di Landualdo Probi, aveva presentato contro Vincenzo Cherubini una denuncia per appropriazione indebita. La donna sosteneva che il suo defunto marito, ultimo discendente di una delle più antiche e nobili famiglie di Atri, per motivi di studio aveva prestato alcuni preziosi e rari documenti di famiglia a Don Gaetano Cherubini e a suo cugino Gabriello, insigne studioso e storico.  Quei documenti, sosteneva la denuncia, non erano stati mai restituiti, sebbene più volte richiesti. Tutto il materiale, di cui era stato allegato un circostanziato elenco, consisteva in sigilli, carte, titoli nobiliari, pergamene e se ne era chiesta la restituzione all’attuale detentore, Vincenzo Cherubini, accusato di esserne in possesso indebitamente. Da qui la denuncia per appropriazione indebita. Anastasia Probi, che era stata ammessa al gratuito patrocinio, nonostante i tentativi messi in atto da Vincenzo Cherubini perché il beneficio non fosse concesso, era stata assistita dall’Avv. Bartolomeo Montani.
    - E’ andata anche meglio di come potevamo immaginare - spiegò l’Avv. De Michetti, mentre Vincenzo Cherubini si limitava ad ascoltare, rimanendo in silenzio, seduto accanto a sua madre - Il Pubblico Ministero ha sostenuto, dicendosi d’accordo con la nostra posizione, che ci sia stata a suo tempo una vendita tra i Probi e i Cherubini. Una vendita di oggetti d’arte e di titoli nobiliari. Non un deposito con obbligo di restituzione, come sosteneva Anastasia Probi, ma una vendita vera e propria, e che voi foste estraneo a qualunque contratto fosse stato stipulato. Su questa base ha chiesto il non luogo a procedere nei vostri confronti per inesistenza di reato. Ma il Giudice Istruttore ha fatto ancora di più.
    - Che cosa ? - chiese Donna Maddalena.
    - Il Giudice Istruttore Aristide Grumelli ha preso atto che Anastasia Probi, prima di avviare contro di voi un’azione penale per appropriazione indebita, aveva già avviato un’azione civile. Perciò, senza nemmeno entrare nel merito dei fatti, ha dichiarato che all’esercizio di un’azione penale ostava l’azione civile avviata in precedenza. Da qui il non luogo a procedere nei vostri confronti e la condanna della Probi al pagamento delle spese processuali.
    L’Avv. De Michetti era visibilmente soddisfatto. Si vedeva che considerava quella conclusione della “questione Probi” come una vittoria personale. Ma Vincenzo Cherubini mostrò una soddisfazione assai più contenuta di quella del suo patrocinatore legale e di sua madre.
    - Fatevi rilasciare copia di tutto l’incartamento processuale - disse all'Avv. De Michetti

L'oro dei Cherubini

 Quella di voler avere copia di ogni vicenda giudiziaria che lo riguardasse era diventata per Vincenzo Cherubini una specie di mania. Poi conservava con cura ogni cosa, avendo, per le copie che si faceva fare, dei fascicoli separati da quelli nei quali conservava i documenti generali, di qualsiasi tipo fossero, molti dei quali incollava con cura meticolosa sulle pagine di alcuni albums.
    - Non mancherò - rispose l’Avv. De Michetti, dando la più ampia assicurazione. Siate certo, non ometterò alcuna carta e chiederò copia di ogni documento.
    Poiché Vincenzo Cherubini sembrava corrucciato, più di altre volte, e dava l’impressione di rimuginare qualche cosa che doveva arrovellarlo molto, l’Avv. De Michetti, gli chiese ragione di quel suo stato d’animo, che gli appariva non consono alla bella notizia con la quale si era recato a Palazzo Cherubini.
    - Quello che mi sorprende è la coincidenza della data: 21 gennaio 1902. Quel che vorrei sapere è se è in atto una congiura contro di me e contro mia madre. Cos’è ? L’assalto all’oro dei Cherubini ?
    L’Avv. De Michetti non nascose la propria sorpresa. Poi chiese:
    - Vi riferite all’altra questione ? Quella della Cervone ?
    - A quale, altrimenti ? – replicò, con una smorfia di disgusto Vincenzo Cherubini. Poi chiese:
    - Avrete notato anche voi che la denuncia di Elisabetta Cervone contro me e mia madre porta la stessa data, no ? Io non credo che sia una coincidenza, quanto piuttosto un segnale.
    - Un segnale di chi ?
    - Un segnale dei miei nemici e di quanti si sono messi a pretendere di spartirsi l’oro dei Cherubini. E che hanno fatto ottenere alle due donne lo stesso identico beneficio del gratuito patrocinio, in modo da poterle aizzare contro di me, nonostante non avessero risorse per farlo.
   Effettivamente la denuncia presentata da Elisabetta Cervone, vedova Scena, contro Vincenzo Cherubini e sua madre Maddalena Foglietta, rispettivamente quali figlio ed erede di Gaetano Cherubini il primo e quale coniuge superstite la seconda, per appropriazione indebita presentata da Anastasia Probi: il 21 gennaio 1902. La Cervone con la denuncia chiedeva di essere risarcita civilmente dei danni causati dall’omicidio di suo figlio Luigi Scena, dodicenne, avvenuto ben diciannove anni prima, nel gennaio del 1883. Al contrario della “questione Probi”, che si era felicemente conclusa, la “questione Cervone” era tuttora aperta e costituiva, evidentemente, per Vincenzo Cherubini un elemento di preoccupazione e di ansia.
    - Ho notato anche io questa coincidenza - replicò l’Avv. De Michetti - ma non le ho attribuito significato, né gliene attribuisco. Io sono di altro avviso.
 La voce di Vincenzo Cherubini rivelava ansia, ma anche astio, rabbia e preoccupazione. Era la stessa voce che, qualche mese prima, quando l’Avv. De Michetti gli parlava delle voci ricorrenti sulle intenzioni di Elisabetta Cervone di presentare una denuncia civile per risarcimento contro gli eredi di Gaetano Cherubini, aveva replicato:
    - So bene anche io, avvocato, che mai, finché fu in vita, mio padre venne accusato dell’omicidio Scena, né fu imputato e perciò nemmeno processato. So bene anche io che, quando fu celebrato il processo che condannò Parente, Moschioni e Grue, mio padre era già morto e che non c’è una sola ragione giuridica che dia fondamento alla richiesta di risarcimento danni fatta dalla Cervone ai Cherubini. Ma vedrete che la denuncia sarà presentata, perché, non credo di sbagliarmi, ad Atri c’è ancora chi vuole soffiare sulla cenere, per vedere riardere la brace delle accuse infamanti, e vuole infangare la memoria dei Cherubini.
    L'Avv. De Michetti doveva ammettere che Vincenzo Cherubini aveva avuto ragione. Alla fine, la denuncia, sia pure giuridicamente assurda, era stata presentata. Come si poteva avanzare richiesta di risarcimento danni agli eredi di un morto, che in vita non era mai stato giuridicamente imputato di partecipazione ad un omicidio ?
    - Sono ancora convinto che quella richiesta di risarcimento civile sia senza senso - disse l’Avv. De Michetti.
    - Ne sono convinto anche io - rispose Vincenzo Cherubini, mentre questa volta a rimanere in silenzio era sua madre, Donna Maddalena - A tanto arriva l’avidità degli uomini. E’ l’oro dei Cherubini che vogliono. E, per avere quell’oro a cui essi aspirano, sono pronti a sporcare di fango il solo oro al quale i Cherubini hanno sempre tenuto, quello della gloria dei propri avi e della propria famiglia.
 
 

* Riportiamo l'incipit del libro, volume n. 15 della Collana "Processi celebri teramani". 

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