Tre colpi di rivoltella a Padula
(Il processo Urini - 1893)

La Corte
Processi celebri teramani
Collana a cura di Elso Simone Serpentini

 
 

Giovedì 26 aprile 1877

 

Giovedì 26 aprile, verso le nove e mezza di sera, un drappello delle guardie di città di Teramo, composto dal vice brigadiere Capuano e dall’appuntato Oreste, procedette all’arresto di un ragazzo di 16 anni, Napoleone Ottaviani, di Antonio, nativo di Basciano, con l’accusa di aver lanciato delle pietre contro una finestra della casa di una prostituta: Maria Lolli. Le guardie erano state avvertite e si erano portate in Vico del Carmine, dove si trovava la casa della Lolli, sorprendendo il ragazzo in atteggiamento sospetto. Perquisito, gli erano state trovate in tasca delle grosse pietre.

Napoleone Ottaviani era già noto alle guardie come un ragazzo discolo, solito ad accompagnarsi a persone di malaffare, a restare a lungo la notte fuori di casa, cosa di cui lo stesso suo padre Antonio si era lamentato con il brigadiere Capuano, pregandolo di fare al figlio "una paternale". Nel suo rapporto, il comandante delle guardie di città, brigadiere Carboni, scriveva che testimone oculare del lancio di pietre era stata un’altra prostituta che abitava nella stessa via: Carmela Scarroni.

     Decisamente, Napoleone Ottaviani aveva preso una brutta strada. Suo padre gli aveva dato quel nome tanto impegnativo, essendo la sua famiglia originaria della Corsica, l’anno dopo che era diventato sindaco di Basciano, paese di 1.525 anime del Circondario di Penne, in provincia di Teramo.

Fin da piccolo, il figlio del sindaco si era fatto notare in paese per la sua irrequietezza, che era aumentata quando la famiglia si era trasferita a Teramo, dove suo padre Antonio era scrivano dell’Intendenza di finanza. Le cattive compagnie lo avevano traviato, anche se bisogna dire che le cure paterne e materne, con una famiglia assai numerosa, erano state poche e scarse. Alla fine i rari tentativi del padre di raddrizzare una pianta che nasceva storta erano risultati vano.

 

Lunedì 16 ottobre 1878

 

     Napoleone Ottaviani aveva 17 anni quando, nel 1878, si trovò coinvolto in una brutta storia. Il 16 ottobre di quell’anno, un lunedì, il Delegato di P.S. di Teramo Tito Perfetti fu informato da uno dei suoi Ispettori che un suo informatore gli aveva confidato che due ladri stavano tramando un furto di arredi sacri nella chiesa di San Giuseppe, fuori la città di Teramo.

     Venne predisposto un servizio di sorveglianza e due guardie in borghese, Francesco Santangelo e Giuseppe Agosto, si nascosero dentro la chiesa. Rimasero nascosti fino alle tre del pomeriggio senza vedere entrare nessuno. A quell’ora, però, si presentò alla caserma delle guardie di P.S, Giuseppe Di Pietro, un eremita che abitava in una casa attigua alla chiesa, e denunciò che, tornato a casa, aveva ritrovato la porta aperta, mentre lui, uscendo, l’aveva chiusa a chiave. Una cassa appartenente a suo figlio era stata scassinata e lasciata aperta.

     Gli agenti si precipitarono sul posto e constatarono che gli agenti Santangelo ed Agosto erano ancora nascosti nella chiesa ed appostati, mentre il furto, di cui c’era stata una soffiata, era avvenuto nell’attigua casa dell’eremita. In effetti, una cassa era stata scassinata e lasciata pressoché vuota e aperta. Apparteneva al figlio dell’eremita, Pietro Di Pietro, trovato sul posto.

     Per rintracciare gli autori del furto, il Delegato Perfetti si fece dire dall’Ispettore chi era il confidente che gli aveva fatto la soffiata. Da lui si fece poi dire i nomi dei due ladruncoli che, a suo dire, avevano tramato il furto nella chiesa, nella convinzione che fossero stati loro a commettere il furto nella casa dell’eremita. Il confidente fece i nomi di Napoleone Ottaviani, di Antonio, nato a Basciano e domiciliato a Teramo, cappellaio, e Angelo Milli, fu Vincenzo, falegname, nato e domiciliato a Teramo.

     I due furono ricercati e il primo venne trovato verso le sette di sera nella cantina di Domenico Bonanni. Perquisito, gli venne trovato addosso un piccolo cucchiaio da caffè di metallo bianco. Interrogato sulla sua provenienza, disse di averlo comprato per dieci soldi da un contadino che non conosceva. In seguito a pressanti domande, finì con il confessare di essere uno degli autori del furto commesso nella casa dell’eremita di San Giuseppe, ma dicendo che non aveva rubato altro che quel cucchiaio. Suo complice nel furto era stato Luigi Lucchesi, di Francesco, di anni 32, scrivano, il quale gli aveva fornito la chiave falsa per aprire la casa dove avevano rubato e lo aveva accompagnato sul luogo, rimanendo fuori dell’abitazione mentre lui commetteva il furto.

     Successivamente, gli agenti si recarono nell’abitazione di Angelo Milli, che trovarono e trassero in arresto. Una perquisizione subito disposta dal Delegato Perfetti nell’abitazione di Napoleone Ottaviani, compiuta alle otto di sera alla presenza del padre del giovane dalle guardie Raffaele Sarra e Antonio Santini, portò al rinvenimento, nel cortile, nascosta sotto alcune pietre di una stalla, della chiave falsa di cui ci si era serviti per aprire la porta della casa dell’eremita. La stalla non apparteneva alla famiglia Ottaviani ed era in uso a tutti gli abitanti dello stabile.


 

* Riportiamo l'incipit del libro, volume n. 40 della Collana "Processi celebri teramani". 

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