Charles de Raymond era un allievo della
École nationale des chartes,fondata
nel 1821 per garantire la formazione scientifica dei dirigenti
delle biblioteche e archivi statali. Offre formazione di alto
livello nel campo delle scienze documentarie della storia.
Esiste ancora oggi Fa parte del sistema di istruzione superiore
francese delle Grande
écoles e vi si accede mediante concorso. Rilascia
i titoli di “archiviste paléographe” e di master. Dal
1871 al 1882 e era direttore Jules Quichrat. Nel 1874, de
Raymond venne incaricati di una missione: visitare l’Italia del
Nord, le rive dell’Adriatico e compiere un ascensione sul Gran
Sasso d’Italia. Il 2 ottobre 1874 arrivò a Civitella del Tronto.
Dopo aver cenato, insieme con una guida che lo accompagnava si
avviò verso la sua camera d’albergo.
Attraversando una sala, passò
davanti ad una brigadiere dei Reali Carabinieri, che gli chiese
il passaporto e lo fece con tale supponenza e maestosità che
Charles racconterà in una sua lettera scritta poi da Bari il
successivo 20 ottobre, che lo aveva indotto a sorridere. Si
appellò ad una legge internazionale del 4 febbraio di quello
stesso anno, che aveva soppresso il passaporto tra la Francia e
l’Italia, facendo notare che forte di quella legge, era partito
da Parigi senza provvedere alla formalità di farsi rilasciare il
passaporto e che era arrivato in Italia e visitato l’Italia del
Nord con il solo permesso di circolazione con il quale era stato
fatto passare alla frontiera del Moncenisio. Ma il brigadiere
non volle sentire ragione e non si accontentò dell’esibizione di
quel documento, lo fece arrestare da due carabinieri e gli fece
passare la notte in una stanza della locale caserma, sullo
stesso letto, scriverà Charles, che era stato giaciglio a
generazioni di banditi e di assassini che avevano “illustrato”
gli Abruzzi. L’indomani, 3 ottobre , venne interrogato dal
vice-sindaco e dal consigliere del segretario della
municipalità. Il primo, dopo aver riflettuto, riconobbe la sua
innocenza, ma a causa del fermo atteggiamento del “terribile
brigadiere”, decise di rinviarlo davanti al pretore o giudice di
pace di Civitella del Tronto. Il suo accusatore, armato di una
penna nuova redasse il processo verbale elencando i gravi
sospetti che gravavano su di lui. Quattro ore dopo, Charles
comparve davanti al pretore, sperando in una pronta giustizia.
Ma gli toccò attendere cinque giorni nel carcere della caserma
dei carabinieri, pensando alla debolezza dei magistrati e al
potere di un brigadiere.
Infine mercoledì 7
ottobre, alle quattro del pomeriggio, gli venne annunciato che un
giudice istruttore si era recato in un paese vicino, dove lo
attendeva per interrogarlo. Così sul dorso di un asino, accompagnato
da due carabinieri, fece il suo ingresso “trionfale” a Campli, sotto
una pioggia battente, essendosi aperte la cataratte del cielo. Per
consolarsi, durante il viaggio, scriverà Charles, aveva pensato,
guardando l’asino che montava e le due cornacchie che gli
procedevano ai lati, alle favole di La Fontaine. Un quarto d’ora
dopo il suo arrivo a Campli, comparve davanti al giudice istruttore,
al quale parò della legge del 4 febbraio che aveva soppresso
l’obbligo del passaporto tra Francia e Italia, accorgendosi che
anche lui, così come il brigadiere, così come il vice-sindaco, il
consigliere di municipalità e il pretore la ignorava completamente.
Esibì un fascio di carte e di documenti ufficiali, lettere di
presentazione, ma tutto fu inutile, bisognava che la giustizia
facesse il suo corso. “Bisognava” scriverà Charles “che la stupidità
di un brigadiere dei carabinieri fosse riconosciuta da un
magistrato, Felice paese!”
L’indomani, giovedì, ai
primi raggi dell’aurora, fu accompagnati dai gendarmi nel carcere di
Teramo. I gendarmi di Teramo, che lo accolsero all’entrata della
città, per mostrarsi gentili fino in fondo, gli strinsero le mani in
un cerchio di ferro, che egli si sentiva di raccomandare alle
società filantropiche. Attraversò tutta la città con questo
ricordo del medioevo tra le mani e per via accorrevano a vederlo
frotte di ragazzi, le donne si facevano il segno della Croce
pensando a chi sa quale criminale stava passando. Nel carcere venne
messo tra il fior fiore degli assassini e dei ladri, che gli
strinsero la man dicendogli: “Noi siamo tuoi fratelli!”
Fu tenuto in carcere due
giorni. Credette che ne sarebbe uscito solo per essere portato sul
patibolo, tanto era meravigliato dei procedimenti giudiziari a quali
veniva sottoposto. Sabato 10 ottobre, a mezzogiorno, una decisione
della Camera del Consiglio, o Camera Correzionale, lo dichiarò
libero, ma si trattenne per suo ricordo un revolver che era stato
trovato nella sua valigia.
Nel raccontare la sua
disavventura in una lettera inviata al direttore del giornale “L’Industriel
alsacien”, chiedendogli di pubblicarla, Charles de Raymond
diceva che per colpa della stupidità di un brigadiere e della
negligenza di un pretore aveva perso otto giorni nel compimento di
una missione che gli era stata affidata. Simili procedimenti erano
ammissibili in un paese selvaggio, ma non un paese civile. La
lettera era lunga, lo ammetteva, ma la sua carcerazione era stata
ancora più lunga.
“L’Industriel
alsacien” pubblicò la sua lettera il 31 ottobre 1874. Charles
non lo dice, ma è da ritenere quasi per certo che la sua progettata
ascensione al Gran Sasso non ci fu. |
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