LA CITTA' DEI RICORDI

di Elso Simone Serpentini

Il sogno realizzato

 

Già nella seduta del 18 dicembre 1860 il Consiglio Comunale di Teramo approvò un documento nel quale si sosteneva la necessità di procedere all’ultimazione del nuovo Teatro, la cui costruzione era stata sospesa nel 1846 per ordine del Re Ferdinando. Il 20 aprile 1861, in un’altra seduta, il decreto di sospensione fu dichiarato decaduto e si stabilì di riprendere la costruzione e di ultimarla, con urgenza, ma in economia. Ne diede comunicazione all’Intendente il Sindaco Vincenzo Cerulli.

     Si doveva, prima che il fabbricato si deteriorasse irrimediabilmente, innalzare le due ali laterali, il porticato e la facciata, oltre che consolidare le strutture esistenti. Nella stessa seduta fu costituita una Deputazione per la raccolta dei fondi necessari, composta da Bartolomeo Cicchetti, Francesco Cesi e Carlo Ginaldi e dal cassiere Domenico Sagaria. All’aggiudicazione dei lavori da eseguire si sarebbe proceduto con apposite aste pubbliche. Alla fine di luglio i lavori più urgenti di consolidamento furono ultimati, per una spesa complessiva di 302 ducati.  

     Nonostante la contrarietà del Commissario Sig. Dorotea, che trovava il posto "eccentrico",  si insistette sulla decisione di riprendere la costruzione del teatro, chiedendo l'autorizzazione ad usare 2.000 ducati dei 5.000 che erano stati stanziati dal Governo per l’attuazione di opere pubbliche.

 

 

    Il Ministero dell’Interno chiese a quanto ammontasse la spesa complessiva prevista per i lavori di ultimazione e se gli altri 3.000 ducati fossero stati già spesi per la realizzazione di acquedotti e nuove strade, come espressamente chiesto. Il Sindaco Irelli rispose dando le assicurazioni richieste e mettendo l’accento sul fatto che la costruzione del teatro non s’era potuta ultimare nel 1846 per "intrighi dell’abolito governo", per "pregiudizi clericali", nonostante il "desiderio unanime di tutta la cittadinanza" e aggiungeva che chiunque veniva a Teramo non poteva non meravigliarsi del fatto che non c’era un teatro e che quello che s’era iniziato a costruire era un fabbricato che andava in rovina.

     L’autorizzazione fu concessa e così si ebbe la somma necessaria per poter riprendere i lavori, che procedettero tuttavia a rilento e in economia. Occorrevano somme ben maggiori e si cercò la benevolenza del Prefetto di Teramo, Alfonso De Caro, conferendogli la cittadinanza di Teramo.

Nella seduta del 20 giugno 1861 il Consiglio Comunale approvò un progetto redatto dall’Ing. Nicola Mezzucelli, che prevedeva una spesa complessiva di 10.000 ducati. Il Sindaco Frosoni assicurò che i lavori potevano essere ultimati in 12 o 15 mesi e il Consiglio approvò la sua proposta che il Teatro fosse di esclusiva proprietà del Comune.

      Si decise di costituire un capitale iniziale di 10.000 ducati, composto di 200 azioni da cinquanta ducati l’una, pagabili ratealmente in dieci mesi, che avrebbero maturato un interesse ai sottoscrittori del 5% annuo. Il Comune successivamente ne avrebbe riscattate 20 ogni anno, mediante sorteggio. Esso avrebbe così ammortizzato annualmente 1.500 ducati per nove anni consecutivi, compresi gli interessi, ma, se avesse disposto di somme maggiori, avrebbe annualmente riscattato un maggior numero di azioni. Fu nominata un’apposita commissione per la costituzione del capitale iniziale, presieduta da Trojano De Filippis Delfico. Cassiere fu nominato Domenico Savini. Solo nel gennaio 1863 fu stipulato a trattativa privata un contratto di appalto con Vincenzo Conti, figlio di Raffaele, l’impresario che aveva iniziato la costruzione del teatro. I lavori dovevano essere ultimati entro il termine improrogabile del 31 dicembre 1863. La spesa prevista era di 6.000 ducati e la somma sarebbe stata versata all’appaltatore in diverse riprese: 1.000 ducati in febbraio, 1.000 a maggio, 1.000 a novembre. Gli altri 3.000 sarebbero stati versati, in tre riprese e con gli interessi, nel 1864. Venne anche nominata una commissione per la sorveglianza dei lavori, composta da Bartolomeo Cicchetti, Carlo Ginaldi e Pietro Corradi.

     Il termine del 31 dicembre 1863 non fu rispettato. Nemmeno nel corso del 1864 il teatro fu ultimato e nel 1865, nel maggio, il Consiglio Comunale approvò la proposta del consigliere Pietro Corradi di costituire una commissione per la compilazione del Regolamento del Teatro, chiamandone a farne parte lo stesso Pietro Corradi, Nicola Mezzucelli e Giovanni Ciotti. Ma il teatro non era stato ancor ultimato, né lo era nel gennaio del 1866, quando il Regolamento venne approvato. Era costituito di 14 capitoli e di 44 articoli. La Direzione del Teatro veniva affidata alla Deputazione dei pubblici spettacoli, composta da 4 deputati più il Sindaco come presidente. Sarebbe stato eletto dal Consiglio Comunale un ingegnere teatrale, mentre la Deputazione avrebbe nominato un medico addetto, l’ispettore del palcoscenico e tutto il personale secondario.

     Gli impresari teatrali che avrebbero avuto in concessione il Teatro avrebbero dovuto essere approvati dalla Deputazione, i cui componenti avrebbero dovuto occuparsi ciascuno di un proprio settore: la musica, il dramma, le decorazioni e la disciplina. Ciascuno di essi, a turno, si sarebbe dovuto occupare della vigilanza serale. Ad ogni rappresentazione avrebbe presenziato un deputato espressamente incaricato della sorveglianza. Ciascun impresario teatrale avrebbe dovuto, all’atto della concessione del Teatro, versare un deposito cauzionale all’amministrazione comunale. Ci vollero ancora due anni perché il Teatro Comunale di Teramo fosse ultimato. Esso fu inaugurato in una esaltante sera di aprile del 1868, con la partecipazione di un numeroso pubblico accorso ad assistere alla rappresentazione di "Un ballo in maschera", opera che Giuseppe Verdi aveva presentato per la prima volta al Teatro Apollo di Roma il 17 febbraio 1859. Tra gli artisti figuravano il baritono teramano Vincenzo Quintilii-Leoni, il tenore Pietro Bacchi, il soprano Albina Contarini, il soprano Elisabetta Franks, il basso Fulvio Rigo, il contralto Elvira Antonelli. Il maestro concertatore fu il teramano Nicola Dati, il direttore d’orchestra Vincenzo Boccabianca.

     Le recite di quella prima stagione furono complessivamente 20. Le altre opere rappresentate furono "Maria Rohan" del Donizetti e due balli fantastici in 5 atti del coreografo Ettore Barracani: "Il genio malefico" e "Un viaggio in sogno". I palchi di fianco del primo ordine costavano 16 lire, quelli di facciata sempre del primo ordine 10 lire; i palchi di fianco del secondo ordine 18 lire, del terzo ordine 4,14 lire. I palchi di facciata del secondo ordine 20 lire, del terzo ordine 16 lire. I palchi del loggione costavano 7 lire. In platea le sedie numerate costavano 2 lire.

     Finalmente i teramani avevano il loro Teatro. Esso restò in vita fino al 1959, quando morì, dopo una vita condotta sempre onorevolmente, a fianco di grandi interpreti quanto di stupende sciantose, di fantastici spettacoli teatrali quanto di penose esibizioni, di pellicole cinematografiche esaltanti quanto miserevoli, a 92 anni d’età, condannato a morte dalla grande distribuzione e dalla voglia di modernità dei suoi concittadini. Tra chi non l’ha dimenticato qualcuno pensa che possa tornare in vita.

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