LA CITTA' DEI RICORDI

di Elso Simone Serpentini

La chiamavano Palma Fiorita

 

   Probabilmente, quando suo padre aveva pensato di chiamarla con quel nome, al fonte battesimale, aveva avuto in mente di fare una cosa che avrebbe potuto portarle bene nella vita. Ma non fu così. Averla chiamata Palma, lui che aveva come cognome Fiorita, fece di sua figlia Palma Fiorita.

   Se il destino delle persone è nei nomi, a modo suo il destino della ragazza fu segnato in modo assai curioso. Era ancora giovane quando in molti cominciarono a giacere e a godere all’ombra di quella Palma Fiorita.

   Quando il Delegato Filippo Guarini lesse per la prima volta il suo nome nell’elenco delle nuove prostitute che circolavano a Teramo, non potè fare a meno di sorridere, anche se il suo fu un sorriso triste. Poi, quando la conobbe, la giovane si mostrò per quello che era: una Palma Fiorita. Era bella, aggraziata, paffutella e sembrava essere gradita a molti. Diventò ben presto fra le più contese prostitute della città.

    A Teramo arrivò con l’intenzione di restare otto giorni, da Pescara, ma poi finì con il restarvi a lungo, nonostante i tentativi del Prefetto di Teramo di rispedirla a Pescara. Il fatto è che lei, Palma, aveva deciso di restare a Teramo. Forse si era trovata meglio o vi aveva trovato qualche importante protettore.

Quando fu ricoverata, di forza, per la prima volta, nel sifilocomio, gli sforzi maggiori delle istituzioni furono quelli necessari per trattenervela, finché non fosse guarita del tutto. Ma lei, come tutte, non vedeva l’ora di uscire e il pericolo maggiore era che uscisse non ancora del tutto guarita, e che tornasse ad infettare decine e decine di suoi accompagnatori.

   A modo suo, Palma Fiorita era una donna onesta e di una integra moralità. Quando fu ricoverata, si preoccupò molto per una particolare circostanza. Disse di essere in possesso di alcuni oggetti di una tenutaria di postribolo di Pescara, una certa Elisabetta Cirilli, e che la sua intenzione era di restituire quegli oggetti al più presto, magari con il messo postale. Così a cura del Delegato Guarini fu fatto un elenco: un paio di orecchini, una collana, una mantellina. Palma Fiorita aggiunse che nei confronti della tenutaria di Pescara aveva anche un debito di Lire 21,25, che pagava con rate mensili di 2 lire.

 

 

 

 

   Si mostrò preoccupata, perché ora che si trovava in sifilocomio, e perciò non poteva guadagnare, non sapeva come restituire la somma. Mentre il Delegato Guarini studiava la situazione e i modi per aiutarla, lei aggiunse che aveva un altro debito con una collega, una prostituta del postribolo della Cirilli, di 66 lire e che voleva pagare anche quello. Chiese che la si lasciasse andare a Pescara, in modo che avrebbe potuto pagare la somma. Ma quell’agosto del 1867 non era un mese adatto per un trasferimento a Pescara, specie per una donna che si trovava nel periodo peggiore di una malattia come la sifilide.

    Le cose per il povero Delegato Guarini si complicarono quando arrivò da Pescara una comunicazione del Prefetto e del Delegato di Pescara. Elisabetta Cirilli, la tenutaria del postribolo, aveva dichiarato che il debito di Palma Fiorita nei suoi confronti era non di 21,25 lire, ma di 66 lire. Aggiunse che era sua ferma intenzione recarsi a Teramo, onde farsi ridare la somma da Palma Fiorita. Quando le dissero che non poteva recarsi a Pescara e, tanto meno, andare a visitare Palma nel sifilocomio di Teramo, prese a strepitare, dicendo che allora la soluzione non poteva essere che un’altra. Disse che lei era del tutto convinta che Palma non avesse i soldi che le doveva restituire, e perciò l’autorità di P.S. doveva costringerla, anche con la forza, a tornare a Pescara e nel suo postribolo, dove, con il suo lavoro di prostituta avrebbe dovuto pagare a sconto fino al saldo completo del suo debito. Tutto questo, disse, doveva avvenire nel termine massimo di sei mesi. Il Delegato Guarini sapeva che era diritto della tenutaria fare quella richiesta. Una prostituta debitrice nei confronti di una tenutaria poteva effettivamente essere costretta a tornare nel postribolo e lavorare fino a che il debito non fosse estinto completamente.

    L’unica possibilità che aveva di trattenere Palma a Teramo era quello di far presente che le sue condizioni di affetta da sifilide non le consentivano di partire per Pescara e che, anzi, lei poteva e doveva essere coattivamente tenuta ricoverata. Ma, evidentemente, Elisabetta Cirilli aveva qualche santo in paradiso, perché dopo qualche giorno riuscì ad ottenere il trasferimento di Palma a Pescara. Lei stessa si fece garante del fatto che, fino a quando non fosse completamente guarita, e sarebbe stata curata a Pescara, l’avrebbe esentata dal servizio attivo. Poi lei avrebbe ripreso a lavorare e avrebbe così potuto, ratealmente, darle il denaro che le doveva. Quando fu chiesto alla tenutaria come si era prodotto il debito di Palma Fiorita, si capì perché lei ci teneva tanto a che la giovane tornasse nel suo postribolo, sia pure ospite non lavoratrice.
    Il debito si era formato quando, due anni prima, la stessa Palma aveva dovuto smettere di lavorare per un altro attacco di sifilide, ed era rimasta per qualche mese ospite non lavoratrice del suo postribolo. Ora la Cirilli pensava bene di tenerla ancora con sé, perché, stando a Teramo, Palma non avrebbe prodotto nulla, ma, stando nel suo postribolo, giorno per giorno avrebbe visto aumentare il suo debito di 66 lire. Come era successo in precedenza, quando il debito di 21,25 lire era arrivato a 66 lire per il "fermo sanitario" precedente.

    Il giorno in cui Palma Fiorita partì per Pescara, verso la fine di agosto del 1867, era accompagnata da una collega, Maria Marcelli, che aveva in comune con la Cirilli una storia pressoché analoga. A mano a mano Elisabetta Cirilli provvedeva a recuperare i suoi crediti, con scrupolosa meticolosità. Ai teramani, almeno agli uomini, dispiacque che Palma partisse.

    Nei giorni in cui era stata a Teramo si era fatta apprezzare da molti, per le sue doti fisiche e per la sua simpatia. Qualcuno l’aveva apprezzata di meno, perché si trovava ora in cura per la sifilide contratta, nonostante che in quel periodo i controlli fossero severissimi.

Quando qualcuno protestò con le autorità si sentirono rispondere:

    - Ma che volete? Non avete visto che è stato grazie ai controlli sanitari che abbiamo "fermato" Palma Fiorita?

 

   

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