LA CITTA' DEI RICORDI

di Elso Simone Serpentini

"Signor Delegato..."

 

   - Signor Delegato. Voi sapete che c’è chi a Teramo vi accusa di essere troppo tenero con le petizioni che vi rivolgono le più note prostitute della città  e di accoglierne la maggior parte, anche se non dovreste ?

   Il Delegato Filippo Guarini, Direttore dell'Ufficio Sanitario di Teramo, sobbalzò, poi, aggiustandosi il colletto della camicia, rispose con una domanda:

   - Ma sapete che c’è anche chi mi accusa di essere troppo severo ?

   - Sì. So anche questo.

   - E allora - chiese ancora il Delegato Guarini - non vedete che, se mi si accusa di ambedue gli estremi, è assai probabile che io stia nel giusto mezzo e che il mio comportamento sia giusto ?

   - Siete disposto ad esaminare qualche caso concreto, per dare qualche spiegazione ?

   - Il Delegato accennò di sì con il capo. Così il Cronista chiese:

   - Prendiamo il caso della “Bionda”.

   - Prendiamolo.

   - Perché non avete tenuto conto delle accuse nei suoi confronti e non l’avete cacciata dalla città ?

 

 

 

   - Perché - prese a spiegare il Delegato - la povera Savania Sbranchelli, detta “la bionda”, ha dimostrato che le accuse nei suoi confronti sono tutte false. Dopo essere stata per cinque o sei anni in una casa di tolleranza della sua città, Ascoli, è venuta a Teramo e si è sempre comportata bene.

   - Ma non ha il libretto. Almeno così si dice - obiettò il Cronista.

   - No, non ce l’ha. E vero. - ammise il Delegato, che proseguì:

  - Ma sapete che passa tutta la mattina in chiesa e poi se ne torna il quel fondaco di Porta Vezzola, dove abita, restandosene là, senza disturbare la pubblica quiete per tutto il giorno e per tutta la notte?

   - Ma le accuse dicono che in quella casa “la bionda” fa la prostituta, riceve i clienti e senza libretto.

   Ora il Delegato Guarini sembrava smanioso. Si agitò sulla seda e rispose con tono quasi inviperito:

   -Lo sapete chi è il proprietario di quel fondaco dove abita “la bionda”?

   Quando il Cronista, senza rispondere, si limitò a fare un cenno di diniego, anche lui con il semplice movimento del capo, Guarini spiegò ancora:

   - Il proprietario di quel tugurio, dove abita quella povera giovane, è un prete, Don Luigi Ferri. E voi pensate che se “la bionda” facesse la prostituta e ricevesse veramente i clienti, Don Luigi la farebbe stare là, in casa sua?

   Il Cronista era perplesso, non riuscendo a dare una immediata valutazione sulla rivelazione dell’Ispettore, il quale chiese ancora:

   - E sapete voi chi paga l’affitto per quel fondaco dove abita “la bionda”?

   Il Cronista non lo sapeva, così il Delegato glielo disse:

   - L’affitto lo paga il Vescovo !           

   La sorpresa dipinse sul volto del Cronista un’espressione sbalordita:

   - Il Vescovo?” - chiese.

   - Sì, il Vescovo ! - il Delegato, che, dopo una breve pausa, tornò a spiegare:

   - L’affitto al proprietario del fondaco, Don Luigi Ferri, lo paga il Vescovo, che riceve la somma da alcune devote donne di Teramo.

   Come spiegare allora le tante accuse nei confronti della “bionda”? Il Cronista non tacque questa domanda e il Delegato Guarini spiegò così la cosa:

   - Il fatto è, mio caro, che la gente è cattiva. Si è provato che tutte le accuse venivano da una sola persona, una donna, la quale voleva allontanare da Teramo “la bionda”, intendendo allontanarla da suo marito, da lei accusato di frequentarla e di avere con lei una relazione.

   - Ed è vera questa relazione? - chiese il Cronista.

   La risposta-domanda del Delegato fu sollecita:

   - E anche se lo fosse? Si deve allontanare da Teramo ogni donna che abbia una relazione con un uomo sposato? Vogliamo veramente allontanare dalla città metà della popolazione femminile? “La bionda” se ne sta nel suo fondaco tutto il pomeriggio, dopo aver passato in chiesa tutta la mattinata, non esercita il mestiere e non riceve clienti, non dà pubblico scandalo e non fa accorrere la legge ad ogni momento, come invece fanno tante altre prostitute che esercitano in casa propria o nelle case di tolleranza. Perché, sulla base di false accuse, si doveva cacciare “la bionda” ? Anche ammesso che riceva di notte, ogni tanto, un uomo sposato, sempre lo stesso ?

    Il Cronista, che ora sembrava convinto delle spiegazioni avute, chiese ancora:

   - E il caso della guardia daziaria?

   - Quello trovato nella sua garitta insieme con la sua amante?

   - Sì, proprio quello. Ma si dice che la donna trovata insieme con lui nella garitta di San Giuseppe non fosse la sua amante, ma una prostituta, e che non era la prima volta che riceveva la visita di una prostituta sul luogo di lavoro.

    Il Delegato fece un accenno con la testa:

   - E’ vero, non era la prima volta. Ma quella volta fu proprio colto sul fatto e non poté negare. Né poté negare che si trattava di una prostituta, non della sua amante, perché anche lui ebbe vergogna a dire che Annina di Ancona, notissima meretrice, fosse la sua amante.

   Il fatto che Annina fosse stata vista entrare nella garitta, più volte, e sempre lei, disse il Delegato, si spiegava con il fatto che la guardia daziaria, il 28enne Nicola Di Martino, di Giuseppe, aveva una particolare predilezione per lei, perché la riteneva igienicamente sicura, o almeno così lei gli aveva assicurato, ora che, sempre a suo dire, si accontentava di fare la serva in casa di un ricco signore dello Spirito Santo e non esercitava più il mestiere.

   - E invece…

   - E invece ? chiese il Cronista, invitando il Delegato Guarini a proseguire.

   - E invece fu proprio a casa sua che si prese lo scolo.

   Era stato per quello che era stato ordinato di cercare la donna e, trovatala, ella era stata cacciata via da Teramo. Non era stato per crudeltà o perché le si era riservato un trattamento più severo che alla “bionda”. Questa non aveva infettato il suo amante, invece Annina sì.

    - E la guardia daziaria ? chiese il Cronista.

   - Ha avuto una punizione, ma non è stato cacciato né dispensato dal servizio. D’altro canto io non posso fare niente contro di lui, che non il solo tra le guardie daziarie a fare entrare nella garitta donne e prostitute di ogni sorta, specie di notte.

    Il Delegato spiegò che, tra gli altri, ce n’era uno che si sapeva che facesse entrare nella sua garitta “la maceratese”, al secolo la trentenne Marietta Minichini, fu Serafino, senza nemmeno pagarla per le sue prestazioni, avendola ingannata con la promessa di sposarla.

   - Quando anche lui si è preso da lei la sua brutta infezione - concluse il Delegato - l’ha denunciata. Ma lei si è difesa dicendo che era parecchio tempo che aveva commercio carnale solo con il suo innamorato e che perciò egli non poteva che aver contratto l’infezione da un’altra donna. Quanto a me, credetemi, non uso due pesi e due misure. I miei provvedimenti rispondono tutti allo stesso criterio.

   Il Cronista lo guardò, pensoso, senza replicare.

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