SOCRATE –
Aristofane… Aristofanuccio bello… Aristofanuccio…
ARISTOFANE –….
SOCRATE – Aristofanuccio…. Fermati…. Dove vai tanto di corsa? Sono
due ore che aspetto che sbarchi e tu te ne vai via, tanto di fretta…
ARISTOFANE – Socrate, lasciamo stare… non sono in vena.
SOCRATE – Perché? Cosa ti è successo di tanto grave? Sono assai
curioso di sapere come sei stato ad Interamnia… Sei partito, mi hanno detto,
con tanto entusiasmo e torni con la coda tra le gambe? Che ti è accaduto?
ARISTOFANE – Nulla… lasciami stare…
SOCRATE – Vieni, amico mio, che ti offro un caffè.
ARISTOFANE – Perché vuoi prendermi in giro? A parte il fatto che sei
anacronistico, perché il caffè non è stato ancora importato dall’America che
non è stata ancora scoperta, tutti sanno che vai in giro sempre senza
dracme. Perciò non prendermi in giro.
SOCRATE – A parte il fatto che, anche se ti volessi
prendere in giro, sarei nel giusto, visto che tu hai così tanto preso in
giro me, non voglio farlo. Sono davvero curioso di sapere come ti è andata
ad Interamnia. Ti avevano proposto di andare e tu sei andato… perché sei
tornato tanto presto?
ARISTOFANE – Socrate, in quella città anche uno come me non riesce a
divertirsi.
SOCRATE – Come mai? Non ci sono per quelli come te cose ed elementi
da cui trarre ispirazione per qualche commedia divertente? Non ci sono
personaggi da prendere in giro, come me?
ARISTOFANE – Quando la realtà supera la fantasia è difficile per chi
ha anche la fantasia più sfrenata inventare qualche cosa che alla realtà sia
superiore.
SOCRATE – E anche nel tuo campo? Quello della comicità e dell’arte
del far ridere?
ARISTOFANE – Purtroppo sì. Ho trovato ad Interamnia cose reali, che
avvengono realmente, tanto comiche che io difficilmente avrei potuto
scriverne di più comiche. A descriverle, io, reputato l’autore più
fantasioso di opere comiche, mi sarei trasformato in un realista.
SOCRATE - Diamine, e che cosa può accadere in quella città di tanto
comico?
ARISTOFANE – Ti basti pensare che un giorno, in mia presenza, un
signore con una bicicletta che si trascinava dietro una cuccia per cani ha
inseguito l’arconte in persona, pure in bici, che fuggiva per con dover
sopportare l’onta di un pubblico contraddittorio con il suo competitore che
lo aveva sfidato a duello a mezzogiorno in punto, in piazza.
SOCRATE – Un duello a parole?
ARISTOFANE – Sì, un duello a parole. All’ultimo moccolo.
SOCRATE – E come è andata a finire?
ARISTOFANE - In nulla. Il competitore ha concionato da solo
in piazza, il ciclista con la cuccia per cani è tornato indietro sconfitto e
l’arconte si è dato alla fuga la sua bicicletta, vanamente inseguito.
SOCRATE – Ma non era proprio l’arconte che voleva averti come suo
consulente per favorire la sua rielezione?
ARISTOFANE – Sì, proprio quello. Ma già il primo colloquio è stato
deludente. Lui ha cominciato col dirmi che, se gli avessi insegnato quale
dei due ragionamenti era in grado di fargli vincere le elezioni, mi avrebbe
compensato a suon di euro. Io gli ho fatto le mie solite battute. Ho
risposto: “Cominciamo che tra noi non corre come moneta l’euro”. Mi ha
guardato di traverso, poi quando, sempre ricorrendo ad una mia battuta, ho
detto: “Diventerai nel favellare un fiore di farina, una lima, un
campanello”, ha chiamato un suo tale, che si chiama Vinicio, e mi ha fatto
cacciare via.
SOCRATE – Ah, ah… il famoso Aristofane, tanto celebrato ad Atene,
trattato ad Interamnia come l’ultimo dei ciarlatani… Come sono contento!
ARISTOFANE – Lo so che sei soddisfatto quando a me le cose vanno
male. Ma anche io lo sono quando vanno male a te.
SOCRATE – Dunque, era vero quanto dicevano di quella città i giovani
venuti qui ad Atene a cercare rimedi per la loro salvezza, pur senza
trovarli.
ARISTOFANE – Non lo so. Io so soltanto quel che ho visto
personalmente e devo dire che in quella città accadono cose che a
rappresentarle qui da noi, in teatro, gli spettatori mostrerebbero il loro
sdegno nei confronti dei commediografi, per aver proposto situazioni troppo
cervellotiche e troppo lontane dalla realtà.
SOCRATE – Tipo?
ARISTOFANE – Autentici asini incaricati di occuparsi di
cultura, gente che non ha imparato niente che pretende di insegnare, chi ha
distrutto la città promette di ricostruirla, chi l’ha cloroformizzata si
impegna a risvegliarla, chi è stata causa delle malattie si impegna a
curarle e a guarire i malati, storpi che insegnano a camminare e ciechi che
insegnano a vedere, sordi che insegnano ad udire e gente in quantità che sta
seduta in grande quantità ai tavolini di cento caffè a bere, mangiare e
parlare del nulla.
SOCRATE – E magari anche maestri che sono costretti a fare gli
allievi e allievi a cui si permette di fare i maestri.
ARISTOFANE – E’ vero, ma come lo sai? Tu non sei stato ad Interamnia.
SOCRATE – No, non sono mai stato, anche se sono stato invitato a
visitarla. Ma ho ricevuto qualche telefonata.
ARISTOFANE – Socrate, ecco che sei ancora anacronistico. Il telefono
non è stato ancora inventato.
SOCRATE – Il telefono no, ma le telefonate sì. Anche quelle con le
quali mille candidati chiedono il voto a ventimila elettori.
ARISTOFANE – Se è per questo, anche le raccomandazioni sono state già
inventate, e da tempo, ancora prima che Pericle ne facesse a migliaia.
SOCRATE – Mi compiaccio. Sei tornato da Interamnia completamente
trasformato. Sei partito autore comico e sei tornato autore tragico.
ARISTOFANE – Socrate, sono rimasto così sconvolto da quello
che ho visto che nulla in me è come prima. Vedi, anche te, che prima odiavo…
adesso ti amo.
SOCRATE – Sei partito conservatore e reazionario e sei tornato
rivoluzionario.
ARISTOFANE – Prendimi tra i tuoi discepoli. Ti amerò più di
Alcibiade.
SOCRATE – Questo è troppo facile. Sono io che amo Alcibiade, non è
lui che ama me.
ARISTOFANE – Mi amerai più di Alcibiade.
SOCRATE – E’ questo è troppo difficile. Perché io lo amo alla follia.
ARISTOFANE – Diventerai ancora più folle.
SOCRATE – Tu lo sei già più di me. E, visto che sei così folle,
perché non ne torni ad Interamnia?
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