Elso Simone Serpentini
 

 

...insomma un ottimo politico

 

ARISTOFANE – Socrate…. Socratuccio…. Socratuccio bello!

SOCRATE – …

ARISTOFANE – Socratuccio…. Socratuccio…. Fermati… perché scappi? Vieni qua…

SOCRATE – Senti, ancora insisti, dopo avermi messo alla berlina e aver maldisposto verso di me gli ateniesi al punto che mi hanno condannato a morte. Che altro vuoi da me ancora?

ARISTOFANE – Senti Socratuccio, tutti gli studiosi hanno escluso una mia responsabilità nella tua condanna a morte. Non fu colpa mia e delle mie commedie, dell’averti rappresentato come un corruttore di giovani

SOCRATE – Tu ispirasti negli ateniesi il sospetto che la mia maieutica non consistesse in altro che nel fornire ai giovani la voglia di far apparire più forti, grazie a capziose argomentazioni, le ragioni e i pareri più deboli.

ARISTOFANE – Sono convinto ancora di questo, Socratuccio. Per questo nelle mie Nuvole ti rappresentai appeso ad un cestello, voglioso di studiare le stelle stando loro più vicino, e disposto a traviare i giovani al punto di insegnargli a spiegare ai creditori quanto fosse giusto rinunciare ai loro crediti.

SOCRATE – Senti, commediografo da quattro dracme, ma che vuoi ancora da me? Vattene.

ARISTOFANE – Voglio sapere che vogliono da te tutti questi giovani che arrivano qui ad Atene da quella piccola città, Interamnia, e ti pongono le loro domande come se avessero davanti un santone. Che puoi dirgli tu di utile e non di dannoso?

SOCRATE – Vogliono semplicemente sapere il mio parere riguardo a certe loro cose, della loro città.

ARISTOFANE – E che ne sai tu della loro città e come puoi capirle, tu che non capivi e non capisci nemmeno le cose che avvenivano e che avvengono nella tua?

SOCRATE – Va a fare le tue battute da un’altra parte, reazionario e conservatore che non sei altro. Mi hanno perfino detto che ora simpatizzi per Alba Dorata.

ARISTOFANE – Io sono un intellettuale libero e simpatizzo per chi voglio. Ma tu, come filosofo, sei rimasto quello al quale, appeso ad un cesto che pendeva da un albero, il contadino Strepsiade chiedeva di insegnare al figlio Fidippide a convincere con i ragionamenti i suoi creditori che è bello e giusto non pagare i debiti. Credo che questi Intermaniti che continuano ad arrivare ad Atene si rivolgono a te per lo stesso motivo.

SOCRATE – Vedi? Vedi che sei rimasto un commediografo da quattro dracme? Sempre pronto a storpiare le realtà per l’amore di una battuta? Sei un battutista da avanspettacolo.

ARISTOFANE – A parte che non sono tenuto ad essere esatto, ma, come commediografo, solo a deformare la realtà di quel tanto da riuscire a divertire gli spettatori, quali inesattezze avrei commesso?

SOCRATE – I cittadini di Interamnia non si chiamano Interamniti ma Interamnensi, e la loro città non deve pagare alcun debito e non ha creditori. Sta solo cercando un arconte migliore di quello che è in carica e vogliono da me consigli su come farlo.

ARISTOFANE – Ecco, allora ho ragione. E tu, come allora ad Atene, ti presti ai disegni di questi fanatici che vogliono sovvertire con idee rivoluzionarie l’ordine costituito, la tradizione, la continuità…

SOCRATE – Come tutti i commediografi, i romanzieri e i cineasti, insomma come tutti gli intellettuali conservatori, non capisci niente di politica.

ARISTOFANE – E tu la capisci assai, tu che ne sei morto senza nemmeno capire perché!

SOCRATE – Come sono contento che quella sera, alle Grandi Dionisie, la tua commedia non ebbe il primo premio, battuta da quella del vecchio, decrepito Cratino e perfino da quella di un comico alle prime armi e del tutto sconosciuto come Amipsia.

ARISTOFANE – Sì, ma il pubblico rumoreggiò prima e dopo che la giuria si pronunciasse, volendo che il primo premio fosse assegnato a me. E persi solo per i maneggi del tuo bell’Alcibiade, che non voleva fosse premiata una commedia dove si prendeva in giro il suo amato Socrate.

SOCRATE – Gossip, puro gossip, da giornalucolo da strapazzo. E vedo che ancora ti scotta molto quella sconfitta.

ARISTOFANE – So perché gli abitanti di quella città, quelli almeno che vogliono cambiare un arconte solo per voglia di novità, non sapendo quanti più danni può fare un arconte nuovo e sconosciuto rispetto ad uno in carica che già si conosce, si rivolgono a te. Lo so, Socratuccio bello.

SOCRATE – Sentiamo, perché?

ARISTOFANE – Ma per lo stesso, identico motivo, per il quale si rivolgeva a te il mio Strepsiade, chiedendoti che tu rendessi suo figlio Fidippide “un tipo grintoso, loquace, audace, ardimentoso, spudorato, contaballe, pronto a rispondere, rotto ai processi, azzeccagarbugli, mitraglia, volpe, trivella, chiacchierone, ipocrita, viscido, sbruffone, delinquente, mascalzone, banderuola, rompipalle e opportunista”, insomma un ottimo politico.

SOCRATE – E io avrei resi tali i giovani che ancora si ostinano a chiamare miei discepoli, anche se io non ho mai preteso di essere per loro un maestro come Protagora?

ARISTOFANE – Vuoi che ti ricordi che fu tuo discepolo anche Crizia, il capo dei Trenta Tiranni? Vuoi che ti ricordi che bell’esemplare di corrotto perdigiorno sia il tuo amato Alcibiade? Piuttosto…

SOCRATE - … Piuttosto?

ARISTOFANE – Piuttosto, ti darò io una bella notizia, che ti sorprenderà. Finora i cittadini di Interamnia, quasi tutti giovani scellerati e visionari, alla continua ricerca di novità che non arriveranno mai, sono venuti qui ad Atene per cercare te. Ma proprio questa mattina ne è venuto uno che ha cercato me.

SOCRATE – E che poteva volere da un commediografo reazionario e conservatore come te?

ARISTOFANE – Mi ha offerto di andare ad Interamnia per fornire il mio contributo, che certamente sarà vincente e determinante a quanti non amano troppe le novità, sapendo quanto possano essere pericolose.

SOCRATEE tu?

ARISTOFANE – E che dovevo fare? Ho accettato. Mi imbarco al Pireo domattina.       

 

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