GIOVANE – Socrate, ma tu hai fatto politica?
SOCRATE - Non ho mai esercitato nessuna carica in città, se non come
membro della Bulé.
GIOVANE - Ah, allora hai fatto politica.
SOCRATE - Capitò che la mia tribù Antiochide avesse la pritania
quando i miei concittadini decisero di giudicare tutti insieme,
illegittimamente, come sembrò in un secondo momento a tutti, dieci strateghi
che non avevano raccolto i naufraghi di una battaglia navale.
GIOVANE – E come andò la cosa?
SOCRATE – Io solo fra i pritani mi opposi e, per non fare niente
contro la legge, votai contro una decisione che ritenevo ingiusta.
GIOVANE – Dunque, fosti il solo oppositore.
SOCRATE – Sì.
GIOVANE – E come reagì la maggioranza?
SOCRATE – Tutti erano pronti a denunciarmi e a trascinarmi in
giudizio e gli ateniesi gridavano e li incitavano a farlo.
GIOVANE – E tu, per non essere denunciato, facesti un passo indietro?
SOCRATE – No, io pensavo che era per me doveroso rischiare il tutto
per tutto con la legge e la giustizia, piuttosto che stare con la
maggioranza e deliberare cose ingiuste, per paura della prigione o della
morte.
GIOVANE – Questo con la democrazia non sarebbe successo.
SOCRATE – Guarda che questo accadde quando nella mia città c’era la
democrazia, ancor prima che arrivasse la tirannia.
GIOVANE – Figuriamoci. Quando arrivò la tirannia, fu peggio.
SOCRATE – Devo dire che per la città fu peggio, ma non per me. Quando
arrivarono al potere i trenta tiranni, mi rifecero chiamare al Tholo con
altri quattro, e mi ingiunsero andare ad arrestare a casa sua Salamina
Leonte di Salamina per metterlo a morte. Essi davano molti ordini del genere
a numerosi altri, perché volevano contaminare con le loro colpe più persone
possibili.
GIOVANE – E tu che facesti?
SOCRATE - Provai non a parole, ma con i fatti, che della morte non
m’importa – se non è detto troppo rusticamente – proprio nulla, mentre non
agire in modo ingiusto ed empio mi sta del tutto a cuore. Perciò quel
governo, pur essendo così potente, non mi turbò tanto da indurmi a fare
qualcosa di ingiusto. Uscito dal Tholo, mentre gli altri quattro andarono a
Salamina ad arrestare Leonte, io mi allontanai e me andai a casa mia.
GIOVANE – Noi la chiamiamo disobbedienza civile. E pagasti qualche
cosa per questo atto di disobbedienza?
SOCRATE – Forse avrei pagato. Quasi certamente sarei stato messo a
morte se il governo dei Trenta tiranni non fosse stato velocemente
rovesciato.
GIOVANE – Meno male. Mi pare che dopo il Trenta tiranni fu
ripristinata la democrazia.
SOCRATE – Non ti sbagli. Ma fu proprio la restaurata
democrazia che mi condannò a morte.
GIOVANE – Ecco, questo l’ho sentito dire e me ne sono sempre
meravigliato. Mi sono sempre chiesto come mai anche la democrazia non
tolleri la disobbedienza.
SOCRATE – Nessun potere politico tollera la disobbedienza e la
punisce, in un modo o nell’altro, con la morte fisica o con quella civile.
GIOVANE – Socrate, ma la politica è l’esercizio del potere o l’arte
di gestire gli affari della città?
SOCRATE – Dovrebbe essere la seconda, ma troppo spesso è il primo.
GIOVANE – E’ vero che Protagora diceva che quest’arte, del gestire
gli affari della città, la politica, imsomma, è insegnabile.
SOCRATE – Lo sosteneva, ma io sostenevo e sostengo il
contrario. Continuo a sostenere che ritengo
che l’arte della politica non sia un’arte, perché non insegnabile né
acquisibile dagli uomini. Quando la città deve deliberare sulla costruzione
di un edificio, vengono chiamati gli architetti come consiglieri; quando si
deve fare una scelta urbanistica si chiamano degli urbanisti, quando si deve
decidere sul traffico, si chiama un esperto e, se dice la sua qualcuno che
non è esperto, anche se è bello, ricco e nobile, non viene ascoltato, ma
deriso e contestato, tanto che deve smettere da solo o viene fatto smettere
di parlare. Sollevato via di peso. Quando, invece, si deve deliberare
sull’amministrazione della città, tutti esprimono il loro parere allo stesso
modo: il falegname, il fabbro e il calzolaio, il mercante e l’armatore, il
ricco e il povero, il nobile e il plebeo. Nessuno li critica, è chiaro che
la politica non viene ritenuta un’arte e non viene ritenuta insegnabile.
GIOVANE – Ma nella mia città, Interamnia, non deve essere così, la
politica deve essere un’arte e per di più trasmessa da padre in figlio. Ci
sono tanti uomini politici figli di uomini politici. Non possono che avere
appreso l’arte della politica dai loro padri.
SOCRATE – Io so che Pericle fece educare i suoi figli alla
perfezione nelle discipline che richiedono
maestri, mentre per quelle in cui lui stesso era sapiente né riuscì ad
educarli lui né riuscì a farli educare da qualcun altro, tanto che i suoi
figli vagano soli e pascolano come animali selvatici, sperando di incontrare
per caso le capacità politiche. Vuoi un altro esempio? Ancora Pericle era
tutore di Clinia e temeva che il fratello maggiore, Alcibiade, potesse
guastarlo. Fece separare i due fratelli e affidò Clinia ad un educatore.
Questi, però, poco tempo dopo riconsegnò Clinia a Pericle, non riuscendo a
ricavarne nulla di buono. Potrei farti i nomi di molti altri che hanno
cercato di insegnare l’arte politica ai propri figli, ma invano.
GIOVANE – Ma nella mia città i figli dei politici fanno politica e
sono politici anche loro.
SOCRATE – Sei sicuro che siano veri politici, cioè buoni o anche
semplicemente sufficienti amministratori della città, e non dei semplici
detentori del potere? Che si limitano ad esercitare senza alcuna capacità?
GIOVANE – E’ il sospetto che hanno molti. Tanto che si propongono di
rovesciarli dalla loro occupazione del potere, che ritengono arbitraria.
SOCRATE – Ma ci sono in questa tua città persone capaci di
rovesciarli?
GIOVANE – Ci sono alcuni che
sostengono di avere questa capacità e si propongono di sostituirsi ad essi.
SOCRATE – C’è una sola possibilità di misurare la loro capacità,
almeno quella essenziale. Valutare la loro libertà di pensiero. Se sono
liberi pensatori e non debitori a quegli antichi detentori del potere, può
essere che siano capaci. Ma se sono stati loro servi, o adulatori o
debitori, non possono avere questa capacità. |